CANNES LIONS 2013

Cannes Lions: Grand Prix Film a “Dumb ways to die”, 2 bronzi all’Italia. Gitto: «Ottimo risultato»

Ottimo risultato per l’Italia nella categoria Film. Il nostro Paese porta a casa 2 Bronzi, al cospetto dei 5 ingressi in shortlist, con “The Profiteers” spot realizzato da MaCann per Fiorucci Food e con il pluripremiato “The Candidate” di Publicis Italia per Heineken International.

«È sicuramente un buon risultato – commenta Vicky Gitto, giurato italiano nella categoria Film Lions – soprattutto se contestualizzato con l’obiettivo pienamente raggiunto che ci eravamo posti: superare il numero di premi della passata edizione.

La categoria film è molto complessa ci sono lavori con grandissimi budget, straordinarie esecuzioni e con grandi marchi alle spalle. Nonostante ciò – aggiunge Gitto – abbiamo fatto un grande lavoro: i progetti erano inizialmente 6, ne abbiamo inseriti 5 in shortlist, per poi andare a premio con due di di essi.

Il grande risultato è comununque rappresentato a mio avviso dall’aver portato 4 agenzie diverse in shortlist, che si sono aggiunte a tutte le varie agenzie che in diverse categorie hanno portato punteggi alla credibilità del nostro paese».

Gitto fa anche un analisi approfondita dei due lavori italiani premiati, ripercorrendo l’iter che li ha porati ad aggiudicarsi il Bronze Lion. «“The Profiteers” ha conquistato un bronzo in una categoria in cui non è stato assegnato l’oro.

Ho sperato fino all’ultimo di poter fare di più. Ho provato a farlo rivotare per diverse volte sottolineando l’importanza che aveva avuto correalata al contesto sociale italiano, però purtroppo la categoria era molto complessa e difficile, per cui per una manciata di voti non sono riuscito a portarlo all’argento, ma sicuramente è stato un bronzo riconosciuto unanimente da tutta la giuria.

La conquista dell’altro bronzo italiano con “The Candidate” per Heineken – aggiunge Gitto – testimonia invece come la presenza e la preparazione dei giurati può fare realmente la differenza.

All’inizio c’erano dei dubbi che poi in realta sono stati annullati. Il lavoro è stato rivotato un paio di volte e successivamente anche i giurati più scettici hanno compreso il reale valore del progetto».

Il Grand Prix va invece come pronostico a “Dumb ways to die”, realizzato dall’agenzia McCann di Melbourne, la cui colonna sonora riecheggiava quest’anno in ogni angolo del Palais du Festival a testimonianza di come la musica sia un driver fondamentale nel mondo dell’adv.

Ben 6 invece i Grand Prix Campaign assegnati agli altrettanti 6 episodi di “The Beauty Inside” realizzati dall’agenzia Pereira & O’Dell per Intel. «“Dumb ways to die” – sottolinea il vice president di Young & Rubicam Italia – è il lavoro che ha preso più riconoscimenti di tutti nella storia del Festival.

Nonostante ciò il Grand Prix non è stato assegnato sull’onda di tale entusiasmo, ma è stato bensì il frutto di una discussione molto lunga e articolata. In finale c’era anche Dove, ma alla fine è stata premiata la freschezza e la prepotenza di questo lavoro che ha avuto un tale ritorno in termini di media guadagnato che sarebbe stato quasi un delitto non riconoscergli tale forza.

Quello di Dove era un progetto più strutturato con un insight fortissimo e una esecuzione straordinaria; probabilmente, anche se ha ridisegnato il modo di raccontare delle storie intorno ai prodotti e alle marche, veniva da una matrice un filo più convenzionale.

“Dumb ways to die” rappresenta invece proprio la freschezza pura di un’idea che passa sopra tutto e va al risultato». Gitto conclude la sua analisi stilando un primo bilancio della 60esima edizione del Festival Internazionale della Creatività.

«Quest’anno la differenza sostanziale è stata quella di fare un grande lavoro di equipe con tutti gli altri giurati italiani. Ci siamo preparati sui lavori che andavamo a sostenere e questo ha permesso a diverse agenzie italiane di avere una presenza in questo Festival, recuperando una credibilità che nell’ultimo decennio avevamo completamente perso.

Dall’edizione di quest’anno si evince una cosa molto chiara: bisogna studiare a fondo le categorie in gara; le iscrizioni vanno fatte con attenzione nella categoria giusta per non correre il rischio di penalizzare il lavoro.

Dopo di che è importantissimo il coinvolgimento dei clienti in quest’arena, cosa che il comitato organizzatore del Festival ha fatto nelle ultime edizioni. Oggi se non hai un partner fortissimo come cliente che crede come te nel contributo per il business che può offrire un evento come il Festival di Cannes è difficilissimo che si riesca a superare il muro dell’indifferenza.

Per cui tutta la nostra industry dovrebbe condividere un percorso comune che ci permetta di rompere il muro dell’indifferenza e di venir fuori alla grande».

Lorenzo Martorana

 

Con 19 leoni nel carniere l’Italia torna da Cannes più sicura di sé

Un oro, tre argenti e quindici bronzi. Due pubblicitari, Bruno Bertelli e Alex Brunori, che alcuni anni fa lavoravano assieme per la stessa agenzia, JWT, in particolare evidenza. Un know-
how sempre più raffinato nel proporre campagne integrate e ricche di declinazioni nelle varie categorie valutate. Il bottino finale dell’Italia alla sessantesima edizione del Festival della Pubblicità di Cannes è da ritenersi brillante.

Numericamente migliore ma sostanzialmente in linea con quello del 2012, che aveva garantito alla compagine del nostro Paese 17 leoni, ma era stato però impreziosito dal Grand Prix ottenuto nella categoria Press dalla campagna “Unhate” di Fabrica per Benetton. Le vittorie del 2013 – e questo è forse il dato più rilevante – danno la conferma che i risultati conseguiti sono il naturale esito di un cambiamento culturale della nostra industry.

La sicurezza cioè che il made in Italy dell’adv ha trovato una propria strada e un proprio stile ed è capace di competere meglio di quanto non facesse fino a qualche anno fa nella rassegna della Croisette.

Nell’era della frammentazione dei messaggi e – qualunque sia la natura vera della scelta dell’organizzazione, puramente mercenaria o ipermoderna, poco importa – della moltiplicazione delle categorie del premio, l’Italia va meglio. Aspetto importante, sembrano ora esistere le premesse per una ripetizione costante del “miracolo” nelle prossime edizioni.

Certi successi – specie quelli costruiti con una certa regolarità da Bertelli con Heineken – danno la sensazione che si sia passati dalla capacità, rara e in qualche caso fortunata ed episodica di produrre il pezzo “unico” a quella, più scientifica ed economica, di replicarlo serialmente.

L’agenzia che ha fatto la parte del “leone” dominando il medagliere nazionale è stata quindi Publicis. Che con ben tre progetti in luce si è conquistata otto riconoscimenti, tra cui un oro, anche se la campagna simbolo è stata indubbiamente “The Candidate”, approdata infine anche al bronzo dei film.

È suonata come una conferma per l’agenzia (Saatchi & Saatchi) e il cliente (Coordown) anche il successo della campagna “Dammi più voce” che classifica con un argento e due bronzi al secondo posto virtuale della graduatoria l’altra agenzia del gruppo francese.

Decisamente buono, quindi, il terzo posto di McCann Erickson, con i tre bronzi di “The profiteers” arrisi a Fiorucci Food e a Brunori. Quarta l’indipendente M&C Saatchi, spicca l’assenza dal medagliere delle agenzie italiane di Wpp, protagonista mondiale della comunicazione e chiaro leader di mercato anche nel nostro Paese.

 

Titanium & Integrated Lions: bronzo per l’Italia con “The Candidate”. Brasile e Australia conquistano i Grand Prix

Un bronzo per l’Italia nella categoria Titanium and Integrated. È ancora una volta “The Candidate” di Publicis Italia per Heineken International il miglior lavoro italiano premiato con un Bronze Lion che si aggiunge al Gold Lion già conquistato nella categoria Pr, ai 2 argenti nel Promo & Activation e al Bronze Lion nella categoria film.

Il Grand Prix va invece al Brasile con “Real Beauty Sketches” realizzato dall’agenzia Ogilvy di São Paulo per Dove Unilever. Il film è caratterizzato da un approccio estremamente emotivo e parte da un insight fortissimo: le donne si vedono più brutte di come sono in realtà. Il messaggio veicolato attraverso un trattamento non convenzionale ne ha poi enfatizzato la credibilità e il coinvolgimento.

Alle spalle del Brasile troviamo invece l’Australia che si aggiudica l’Integrated Grand Prix con “Dumb Ways to Die” di McCann per Metro Trains: un vero e proprio tormentone la cui colonna sonora riecheggia quest’anno in ogni angolo del Palais.

Gli Usa dal canto loro si confermano anche in questa categoria come il Paese con più Leoni nel proprio palmares: tra i 13 awards assegnati, ben 7 sono a stelle e strisce (1 Titanium Lion & Integrated Silver, 1 Gold Lion, 1 Titanium Lion, 1 Silver Lion e 3 Bronze Lion).

«Il Titanium – ha spiegato il presidente della giuria Dan Wieden, co-founder e chairman di Wieden+Kennedy – premia la qualità e non la quantità, per questo racchiude al suo interno i lavori migliori di ogni edizione del Festival».

Wieden lancia anche un monito rivolto ai direttori creativi: «La tecnologia è un mezzo prezioso per veicolare il messaggio, non può però essere il fine ultimo della creatività». Ad entrare nel dettaglio dei singoli spot è invece la giurata americana Margaret Johnson, executive creative director di Goodby Silverstein & Partners: «La campagna di Dove – spiega – veicola un messaggio molto importante basato sul rispetto: tutti sono importanti nel mondo.

Per questo lo spot va diretto nell’anima più profonda di ognuno di noi. Per quanto concerne “Dumb Ways to Die”, dalle musiche all’editing, dal montaggio all’utilizzo dei social, tutto era orchestrato meravigliosamente. Inoltre è partita come una campagna locale per poi trasformarsi in pochissimo tempo in una campagna di portata mondiale, diventando una vera e propria “infezione” con i bimbi che cantano l’omonima colonna sonora in ogni parte del mondo».

Lorenzo Martorana

 

Film Craft, deludente il livello medio dei lavori per Joe Pytka, nessun premio per l’Italia

Nessun bottino per gli italiani in Film Craft, categoria che ha premiato 40 lavori e assegnato il Grand Prix al Regno Unito con “Meet the superhumans” di Channel 4 realizzato da 4creative London. Il Regno Unito si è comportato bene in questa categoria perché è il Paese con più premi, tra cui 3 ori.

«Nonostante ci siano stati lavori superiori o comunque più divertenti del Grand Prix – osserva Joe Pytka, director di Joseph Pytka Productions nonché presidente della giuria Film Craft – il progetto che ha vinto il Grand Prix ha un importante messaggio sociale.

Devo dire che il livello medio dei lavori è stato deludente, soprattutto per gli Stati Uniti, anche se molte campagne avevano alla base un’idea molto buona. Sono comunque soddisfatto per i lavori che hanno preso l’oro, erano molto belli, e tra i Paesi che si sono distinti cito il Brasile e l’Australia. Purtroppo questa volta gli Stati Uniti sono rimasti al palo».

Igor Riccelli e Vanna Assumma

 

Bertelli: «Da anni vinco con Heineken, l’obiettivo per me oggi è portare sullo stesso livello gli altri clienti dell’agenzia»

È il pluridecorato della Croisette, potremmo definirlo il pubblicitario italiano del 2000, Bruno Bertelli, perché sono anni che fa incetta di premi a Cannes. In realtà, quest’anno come l’anno scorso ha vinto con campagne integrate, vorrà dire che noi italiani siamo diventati bravi in questo?

«Sicuramente sì – osserva il direttore creativo esecutivo di Publicis Italia nonché global creative director sul cliente Heineken – ma è quello che succede in tutto il mondo, alla fine le campagne più premiate sono sempre le stesse.

Ormai il sistema di Cannes è questo, moltiplicare le categorie è un modo per il Festival di fare soldi, però tutti questi premi ci fanno gioco, cioè aumentano la visibilità, fanno sì che il progetto si possa iscrivere, con alcune variazioni, a più categorie e questo non si poteva fare in passato sui film e sulla stampa.

Gli italiani sono migliorati molto nelle categorie meno tradizionali, soprattutto Promo&Activation, Direct, Pr, Media, mentre rimangono più deboli su quelle tradizionali come stampa e outdoor.

Riguardo al mio lavoro, ovviamente sono contentissimo per i riconoscimenti ricevuti, però ho vinto sempre sul cliente Heineken, anche quando ero in JWT, e siccome adesso mi stanno ovviamente a cuore tutti i clienti di Publicis, l’obiettivo è portare sullo stesso livello anche gli altri spender dell’agenzia.

Una cosa però la devo dire: noi italiani siamo sui livelli degli altri Paesi un tempo fanalino di coda. Certo ci possiamo paragonare all’Argentina, non certo al Brasile che ha avuto un forte exploit e che indubbiamente è superiore.

Comunque l’importante è che i nostri lavori abbiano visibilità, anche se non vincono premi vengono ugualmente visti da altri, spesso ricevono complimenti e questo è necessario per la nostra industry».

Vanna Assumma

 

Il tricolore non sventola su Branded Content, vincono gli Usa

Il Grand Prix della categoria Branded Content & Entertainment è andato a “The Beauty Inside” (che ha vinto anche nei Film), campagna di Intel e Toshiba realizzata da Pereira & O’Dell San Francisco.

«La campagna che ha vinto – racconta ai nostri microfoni Scott Donation, president e ceo di Ensemble nonché presidente di questa giuria – è tutta basata sull’idea che il computer è un potente mezzo per comunicare.

Unisce il chip e la parte meccanica al lato umano, alla ricerca della propria identità e alla grande lezione di non giudicare le persone dall’apparenza ma da quello che sono realmente: un’unione fantastica insomma.

Ha vinto per la potenza dello storytelling, per il livello di integrazione e di coinvolgimento dell’audience, senza contare l’ottima fattura di tutta la campagna.

Credo che il livello medio della qualità presentata, almeno per quanto riguarda la categoria Branded Content & Entertainment, sia aumentato notevolmente rispetto all’anno scorso». Gli italiani non hanno raggiunto il podio in questa categoria.

Igor Riccelli  e Vanna Assumma

 

Donald Gunn: «Il digital ha cambiato qualcosa, ma l’essenza dell’adv è rimasta la stessa»

Abbiamo intervistato Donald Gunn, esperto copywriter, già director of creative resources in Leo Burnett, al cui nome è legato il celebre The Gunn Report, da molti considerato come una fonte autorevole per misurare l’eccellenza competitiva nell’industria della pubblicità.

Gli abbiamo chiesto in che modo il digital ha cambiato il modo di fare advertising. «Il digital – risponde – ha cambiato qualcosa sicuramente, ma l’essenza è rimasta la stessa: alla base c’è sempre l’idea di veicolare un messaggio alle persone e farlo in maniera allettante e attraente. Questo non è cambiato.

L’avvento del digital ha avuto un grande effetto in quanto nuovo media, quindi social network, internet film e così via, e ha permesso di ridurre i tempi di diffusione e di favorire le campagne migliori». La crisi finanziaria globale ha colpito duramente anche il mondo della comunicazione. Come?

«Qualche volta i clienti sono più conservatori o spaventati. Quando io lavoravo nell’advertising, come copywriter ero abituato ad andare in ufficio alle dieci e mezza del mattino, lavorare per un’oretta, pensare a chi doveva andare a prendere il pranzo per poi non tornare più a lavoro.

Oggi le persone mangiano alla scrivania, lavorano dalle otto del mattino fino alle otto di sera: meno persone fanno molto più lavoro di un tempo. Con l’esplosione di internet bisogna produrre qualcosa di nuovo ogni giorno, non più come quando c’era solo la televisione. Ma la buona notizia è che spesso le agenzie e i clienti più coraggiosi riescono a produrre un lavoro di gran lunga superiore e togliersi grandi soddisfazioni».

A proposito della premiatissima campagna “Dumb ways to die”, Gunn afferma: «La adoro, assolutamente. L’ho vista per la prima volta in Thailandia ed è così centrata, efficace, seduttiva.

Ogni singolo dettaglio è divertente, tanto che quando ha vinto i due Gran Prix le persone hanno battuto le mani per un sacco di tempo, cantando il jingle che ha spopolato in tutto il mondo. È assolutamente fantastica e per questo devo fare le congratulazioni a McCann Australia, che veramente ha colpito nel centro».

Igor Riccelli

 

Séguéla: «Cannes è diventato un “festival dei media”, le piccole campagne sono cannibalizzate dalle grandi»

Il Festival non è più lo stesso di un tempo secondo Jacques Séguéla, guru della pubblicità mondiale e oggi vicepresidente del Gruppo Havas: «55 anni fa si svolge-
va a Venezia ed era uno spaghetti-festival: non contemplava alcun tipo di business, arrivavano pochissimi clienti e si facevano solo discussioni sulla creatività. Era una kermesse perfetta.

Poi si è stabilita a Cannes ed è passata da una concezione francese a una anglosassone, a metà tra creatività e business. Adesso lo definirei un media-festival. La proliferazione dei metalli, a mio parere, è qualcosa di catastrofico: le categorie sono aumentate troppo, hanno distrutto l’immagine del Leone, oggi conta solo il Grand Prix che equivale all’oro di prima.

In più si verifica una cannibalizzazione delle piccole campagne da parte delle grandi, che vengono inserite in tante categorie e offuscano quelle che si presentano solo in poche sezioni. In generale siamo passati dalla dittatura della creatività alla democrazia interattiva, che si basa però sul potere dei soldi.

I link sono la moneta del futuro. Anche l’idea della creatività è cambiata, prima era verticale, avevamo un concetto e lo martellavamo nella testa del consumatore; ora la creatività è un’idea circolare, si infiltra nella rete come l’acqua.

Il problema è che con la crisi i clienti sono spaventati, le persone sono tristi, nessuno ha più voglia di scherzare, ma la creatività nasce per forza dalla vitalità. Ecco perché il vento della creatività adesso soffia verso i Paesi emergenti.

So che in Italia il giro d’affari dei centri media supera quello dell’advertising; in Francia non è così, abbiamo una ripartizione del turnover al 40% per i media e al 60% per l’advertising.

Quando ho iniziato, 50 anni fa, le due leve erano gestite dalle stesse persone, con gli stessi concetti, negli stessi palazzi e non so perché questo si sia distrutto nel tempo. Si è persa la possibilità di costruire coerenza. Oggi il digital ha dato potere al consumatore,
adesso l’utente è un co-proprietario del brand, se non gli piace può distruggerlo».

Igor Riccelli  e Vanna Assumma

 

Il futuro dell’adv, i ricchi cinesi e Puff Daddy

Tanti i seminari e i work-shop che si sono svolti nella settimana del Festival, ad esempio Mec ha presentato Momentum, una nuova metodologia di ricerca e un diverso approccio strategico per il business delle aziende.

Robert Kyncl, vice president Google e head of content di YouTube, in un incontro rivolto alla stampa ha detto che i trend nascono proprio nella più grande piattaforma video del mondo, che oggi conta un miliardo di utenti unici al mese nel pianeta e 20 milioni in Italia. «Su YouTube – ha sottolineato – c’è una grandissima libertà creativa per le aziende ma è importante mantenere viva la relazione con il cliente, non lanciare contenuti one shot, ma seguire i propri fan giorno dopo giorno. Bisogna essere sempre “always on”».

ZenithOptimedia Cina ha presentato gli interessanti risultati di una ricerca condotta sui consumatori cinesi, focalizzandosi in particolare sulla classe media, in pieno sviluppo nelle aree geografiche al di fuori del Tier 1.

Si prevede che nel 2020 la middle class sarà composta da 356 milioni di persone, con 80mila acquirenti quotidiani, in particolare di abbigliamento di lusso e di device tecnologici. Nel seminario Happy Hacking di Dentsu si è parlato di co-creazione ed è stato citato il progetto Perfume condotto in pieno spirito open source (http://perfume-global.com/visualization.html).

All’interno dell’incontro organizzato da Translation, l’artista e producer Sean Combs – alias Puff Daddy – ha osservato che i brand devono evolversi per dare ai nuovi consumatori interattivi dei contenuti culturali ed emozionanti. Infine, nel seminario “The next big challenge.

Creativity in social media” di LinkedIn si è discusso su come è cambiata la percezione di questo social network da parte degli utenti e di come i social media hanno creato l’audience più grande della storia. Si è parlato anche di storytelling e di come sia importante per l’azienda raccontare non le proprie storie, ma quelle delle persone.

 

Riccardo Robiglio: «Al Festival è importante vincere l’oro, le giurie sono teatro di trattative estenuanti»

Il creativo italiano Riccardo Robiglio si dichiara soddisfatto delle vittorie italiane e dice la sua sulle dinamiche sottostanti questo enorme carrozzone mediatico: «A Cannes è importante vincere l’oro – sottolinea – perché il bronzo e l’argento non sono difficili da ottenere se fai prima un buon lavoro di pr in Italia e all’estero e se, chiaramente, hai un’idea talentuosa. Il problema è che l’Italia è molto debole, non dal punto di vista creativo ma dal punto di vista economico e politico.

È fuori dai grandi giochi, dagli scambi, che sono dominati dai network. Infatti sono proprio i network che portano avanti la macchina di Cannes. E gli italiani partono sempre svantaggiati. Anzi, complimenti ai giurati nostrani che si sono trovati ad affrontare un compito difficilissimo, cioè affermarsi in una giuria dove avvengono trattative estenuanti.

È un po’ come il mercato delle vacche, tu mi voti questo e io ti voto quello. Sappiamo tutti – continua – che anni fa vincere al Festival era qualcosa di straordinario, vincevano i lavori che incantavano il mondo ed erano pochissimi i leoni, è chiaro che l’alto numero dei metalli di oggi inflaziona i leoni stessi.

Un tempo a Cannes andavano le case di produzione, era il festival dei film, oggi è cambiato il modello di business e la polverizzazione dei media ha portato a una proliferazione di categorie e alla costruzione di campagne integrate, che in un certo senso sono una furberia, perché permettono di vincere più leoni con lo stesso progetto».

Vanna Assumma

 

Scotto di Carlo e Gasbarro: «Rischio di dispersione per un mega-festival con troppe categorie»

Sono molto soddisfatti Luca Scotto di Carlo e Vincenzo Gasbarro, creative partners di M&C Saatchi, freschi dei loro 2 bronzi al Festival (in Promo & Activation e Media) con il progetto Fastline di Fastweb e di 2 shortlist.

«Siamo contenti, anche perché questo risultato è l’esito di un percorso creativo e societario che abbiamo condotto in questi ultimi anni. Riteniamo anche che sia un anno molto positivo per l’Italia perché, come sostengono i colleghi stranieri, quando si giudica il risultato di una Nazione a Cannes lo si fa sempre in termini di shortlist, e l’Italia ne ha collezionate tante, con agenzie diverse, lavori diversi, insomma è un bel segnale, ed è così che si fa sistema.

Con Fastweb ad esempio abbiamo realizzato un progetto importante perché è un cliente cha ama lavorare in team e ama la comunicazione non tradizionale. Riguardo al Festival di Cannes, ormai un mega-festival, intravedo un rischio di dispersione, perché il numero delle categorie mi sembra troppo elevato, con lo stesso lavoro puoi prendere tanti premi, è vero che si tratta di angolature diverse ma si corre il rischio di non fare capire alle persone di cosa stiamo parlando, e anche di dare più importanza a ciò che sta intorno che all’idea stessa».

Spesso si sente affermare che i leoni un tempo erano più “pesanti”, essendo pochi avevano un valore maggiore rispetto agli oltre mille metalli che vengono assegnati oggi. «Non siamo d’accordo – sottolineano i due soci – anzi adesso comunicare è diventato più difficile, ci sono così tanti modi di farlo, le tecnologie hanno cambiato l’assetto creativo e strategico, oggi bisogna misurarsi con un mercato più frammentato e per questo un oro a Cannes oggi è parecchio pesante».

Vanna Assumma

 

Marco Venturelli: «La creatività italiana sta trovando la sua strada, prima combatteva su campi che non erano i suoi»

Durante il Festival abbiamo incontrato un “nostro” creativo esportato in Francia, Marco Venturelli, ora direttore creativo di H-Paris del Gruppo Havas. A lui chiediamo di raccontarci della sua esperienza d’oltralpe, a Parigi, e soprattutto delle differenze nel metodo di lavoro tra i due Paesi divisi dalle Alpi.

«Un’esperienza positiva – giudica Venturelli – che ormai è al terzo anno e che ci porta a lavorare principalmente per il cliente Citroën, che già seguivamo da Milano con la vecchia Euro Rscg, ora Havas.

E’ un cliente interessante e con lui realizziamo progetti di buon livello. Non farei un confronto tra i due Paesi, bensì con il modo di lavorare in agenzia: qui siamo più coinvolti nel centro decisionale, sviluppiamo una maggiore vicinanza al cliente, anche perché le grandi aziende internazionali hanno a Parigi headquarter più importanti che in Italia, è chiaro che dai grandi hub è più facile accedere a progetti interessanti.

Del resto sono i grandi clienti che costruiscono le fortune delle agenzie e in Italia si contano sulle punte di una mano. Per di più nella scelta dei collaboratori gli italiani sono esterofili, oltralpe invece è il contrario, perché un grande cliente francese vuole avere a che fare con un network francese, e non è una forma di protezionismo ma di identità culturale della marca che in questo momento di globalizzazione è importante mantenere.

Comunque la creatività italiana è in grande ascesa, siamo stati ultimi per anni, forse perché cercavamo di combattere su campi che non erano i nostri e scimmiottavamo gli inglesi, poi gli asiatici, poi gli argentini, adesso invece il Belpaese ha trovato altri modi per eccellere, ad esempio non nelle leve tradizionali.

L’aumento delle categorie, dei media, delle operazioni economicamente più semplici ma che possono avere una risonanza mediatica, sta aiutando i Paesi meno forti economicamente, tra cui c’è l’Italia, ad emergere».

Vanna Assumma

 

John Hegarty: «Le categorie del Festival sono come le mode, passano e poi tornano»

Abbiamo incontrato al Festival di Cannes il “sir” per eccellenza, John Hegarty, fondatore di Bartle Bogle Hegarty (BBH) nonché presidente della giuria Film che ci ha raccontato come la tv, nonostante la crisi del mezzo, rimanga il media più potente in tutto il mondo: «Quest’anno al Festival abbiamo riscontrato un calo di iscrizioni nella categoria Film – osserva – ma allo stesso tempo un aumento significativo nella sezione internet-film e nelle categorie non tradizionali.

Ciononostante la tv rimane il più potente mezzo di comunicazione ad oggi, anche se le persone utilizzano il piccolo schermo in modo più intelligente, più selettivo. Del resto, sui 500 miliardi di dollari spesi in pubblicità in tutto il mondo, ben 200 miliardi vanno alla tv.

Questo vuol dire che le iscrizioni alle categorie possono salire o scendere ma la potenza del mezzo televisivo rimarrà indiscutibile a lungo. Le categorie del Festival funzionano come le mode, così come le gonne si alzano e si abbassano, le sezioni passano e poi tornano e cambiano, rispecchiando i trend e le evoluzioni del momento.

Ad esempio il digital ha avuto un impatto profondo sulla nostra industry, molte persone dicono che sia stato rivoluzionario, io invece non lo definirei così seppur riconosco che ha creato enormi opportunità».

Igor Riccelli e Vanna Assumma

 

Cannes 2013: nella categoria Press Tbwa fa incetta di Grand Prix.

Il Brasile conquista 19 Gold Lion Qarta giornata al Festival Internazionale della Creativita’ di Cannes. La mattinata si ė aperta con la proclamazione dei Leoni nella categoria Press.

Protagonista assoluto ė stata Tbwa/Media Arts Lab di Los Angeles che si ė aggiudicata i 5 Grand Prix in palio con 5 campagne diverse tutte realiazzate per conto di Apple. Tra i Paesi maggiormente rappresentati si conferma il Brasile – la vera sorpresa del 60esimo Festival Internazionale della Creativita – che fa incetta di metalli con ben 19 Leoni d’oro, 14 Silver Lion e 20 Bronze Lion.

L`Italia, invece, come già annunciato ieri, torna a casa a mani vuote, visto che nessuno dei 19 lavori presentati era riuscito ad entrare in shortlist in questa categoria.

 

Turn approda sulla Croisette alla conquista delle audience a valore aggiunto

Tra gli sponsor dei Cannes Lions 2013, per il secondo anno consecutivo c`é anche Turn, azienda leader nell’advertising su mobile e Facebook, che si presenta quest`anno sulla Croisette con una fitto calendario di seminari e appuntamenti per gli operatori dell`adv.

Tra questi una tavola rotonda sul corretto connubbio tra creativita` e nuove tecnologie per erogare messaggi piu` targhettizati sulle audience di riferimento. Pierre Nagger, managing dirctor EU di Torn, fa il punto della situazione sul fronte digital a livello europeo, con un focus sugli strumenti messi in campo per la conquista delle audience a valore aggiunto: “Il Digital Audience Report – spiega Nagger – offre un quadro complessivo delle attivita` marketing su tutti vari canali digitali: web, mobile e social. Una delle parole chiave su questo fronte é la multicanalita`.

Stiamo assistendo ad una frammentazione delle audience che utilizzano sempre di piu` diversi dispositivi per consumare contenuti digitali, per cui é fondamentale per le aziende inserzioniste riuscire a comunicare con le target audience su questi diversi canali con diversi messaggi, sfruttando le creativita display, video o social”. Infine un breve cenno sul mercato italiano: “L`Italia – aggiuge Gabrielli – é uno dei nostri mercati chiave in Europa: la domanda rispetto alle tecnologie che noi offriamo é in costante aumento e questo non puo` che farci piacere”.

 

Civaschi: «Noi siamo il risultato della crisi delle grandi agenzie»

Una piccola agenzia milanese, di sole 8 persone, ha vinto un bronzo a Cannes. Segno che la creatività e l’innovazione non stanno solo nelle grandi strutture, e che le sigle giovani e poco conosciute emergono anche a livello internazionale. Parliamo di H-57 che ha raggiunto ieri il primo scalino del podio nella categoria Design con “Life in five seconds” per Quercus Books.

«Si tratta di un progetto nato per caso – racconta ai nostri microfoni Matteo Civaschi, executive creative director dell’agenzia – in seguito alla richiesta di un’agenzia digitale che voleva facessimo contenuti “pop” per il suo blog.

Allora abbiamo creato microstorie di personaggi famosi, come Michael Jackson, Gesù, Maria Antonietta, con omini in infografica, e il fatto sorprendente è che queste storie hanno fatto il giro del mondo e un anno dopo ci hanno chiamato alcuni agenti letterari di Londra chiedendoci di fare un libro di oltre 250 pagine con storie di personaggi in parte esistiti e in parte di fantasia.

E così è nato il progetto che ha vinto a Cannes. Si tratta di storie ciniche, forse anche per questo sono piaciute molto, ad esempio di Michael Jackson narriamo la sua ossessione di diventare bianco e lo facciamo tracciando una freccia tra un omino nero che poi diventa marrone, poi rosa e infine bianco quando si trova orizzontale, cioè morto!».

Il libro però non riporta solo storie cattive, ma anche curiose, ad esempio di Garibaldi viene raccontato che durante la sua vita ha salvato tantissime persone che stavano per affogare e anche che ha inventato l’Enpa, l’ente per la protezione animali. E l’innovazione non sta tanto nell’infografica, quanto nel modo in cui viene utilizzata, cioè come metodo per sintetizzare una storia.

La declinazione italiana di questo libro inglese è Shortology, creato in seguito all’acquisto da parte di Rcs per l’Italia del progetto dagli agenti letterari di Londra. «In seguito a questa idea – continua Civaschi, che ha lavorato al libro insieme al creative director Gianmarco Milesi – abbiamo collaborato con Bcube per la campagna stampa di Fineco, con il progetto Bancology.

La nostra caratteristica infatti è quella di lavorare per altre agenzie, anzi le grandi strutture sono i nostri migliori clienti, lavoriamo ad esempio per M&C Saatchi, per Leo Burnett, McCann, Tbwa/Italia.

Siamo un’agenzia creativa, un contenitore di idee, specializzato soprattutto in illustrazione, grafica, tipografia e motion graphics e, in un certo senso, siamo uno dei fenomeni risultanti dalla crisi delle grandi agenzie. Io e Gianmarco, prima di fondare questa realtà che è diventata operativa nel 2009, abbiamo passato 17 anni in McCann».

Vanna Assumma

 

L’Italia non ruggisce nella categoria Cyber

Si torna a casa a mani vuote da Cyber. In questa categoria l’Italia non ha conquistato alcun leone, seppur il nostro Paese fosse presente con tre lavori in shortlist. Gli Usa si confermano i principali fruitori delle statuette, con 25 leoni e soprattutto con due Grand Prix, per Toshiba con il progetto “The beauty inside” di Pereira & O’Dell San Francisco e per Oreo con “Oreo daily twist” di Draftfcb New York.

«Il livello dei lavori è stato molto alto – commenta Bob Greenberg, fondatore e presidente di R/GA, nonché presidente della giuria Cyber – e per il Grand Prix abbiamo scelto i lavori che meglio rispecchiavano i parametri della categoria. L’assegnazione dei premi è stata difficoltosa, ma come accade per ogni riconoscimento importante si accende un fitto dibattito. E’ bene che sia così. Lei mi chiede come si fa a non fare invecchiare la creatività. Semplice, la creatività non invecchia mai: io ho 65 anni!».

Vanna Assumma

 

I giovani creativi italiani restano al palo

Alla quinta giornata del Festival, nessun italiano ha trionfato nella Young Lions Competition, il concorso rivolto agli under 28, anche se ci possiamo aspettare un exploit nelle ultime due premiazioni che si svolgeranno nelle giornate di venerdì 21 e sabato 22 giugno.

A oggi dunque, nella categoria Print del concorso per i giovani hanno preso l’oro Abraham Dario Rodriguez e Luis Felipe Hernandez di DDB Mexico, in Cyber Oleg Savchuk e Sergey Yanovskiy di Proximity Russia, in Media Georgia Lindsay e Yewande Sokan di Maxus Uk, in Design Natalia Sfectu e Alexandru Haidamac di Media Concept Store, Romania.

Vanna Assumma

 

Un altro bronzo per Publicis Italia in Outdoor

Sempre più ricco il bottino per Publicis Italia, che arriva a 5 leoni con il nuovo bronzo conquistato per Heineken Italy con il progetto The Real Master of Intuition nella categoria Outdoor.

Si tratta dell’unico lavoro italiano premiato in questa categoria, anche perché la shortlist tricolore conteneva solo due lavori, e l’altro selezionato, M&C Saatchi per Fastweb, non ha varcato la soglia successiva. «Abbiamo impiegato 3 giorni a guardare tutti i lavori – afferma Tony Granger, global chief creative officer di Young & Rubicam – e abbiamo dibattuto tanto sulle assegnazioni del Grand Prix perchè ogni giurato aveva la sua idea su cosa dovesse rappresentare il Grand Prix.

Alla fine siamo arrivati alla decisione di premiare Ibm con Ogilvy France, la cui campagna ci ha colpito per la semplicità, era così naturalmente outdoor, non poteva che vincere. Ne abbiamo visti tanti di lavori, tutti molto buoni ma nessuno come questo. In ogni caso l’ha tallonato stretto Expedia di Ogilvy & Mather London, campagna bellissima che è stata votata all’unanimità, per la quale la giuria ha provato un grande trasporto emotivo.

La direzione artistica è stata meravigliosa, ha coinvolto milioni di persone nel mondo e tutti ne hanno parlato, creando un nuovo merchandising. Expedia e Ibm sono andati di pari passo fino alla fine, poi Ibm ci ha convinto di più. Del resto il livello medio dei lavori era altissimo, in totale abbiamo assegnato 25 leoni d’oro, 43 argenti e 71 bronzi. Questo è uno dei pochi media che realmente si sta evolvendo, intercettando il mobile e i social».

Igor Riccelli e Vanna Assumma

 

Cannes Lions 2013: tre metalli italiani nella categoria Media. A mani vuote nel Mobile

Italia protagonista oggi a Cannes nella categoria Media. Tre i Leoni conquistati: “#Dammipiùvoce” di Saatchi & Saatchi per Coordown si aggiudica un Silver Lion, mentre due Leoni di bronzo vanno a “Fastline” di M&C Saaatchi per Fastweb e a “The Profiteers”, campagna adv realizzata da McCann Worldgroup per Fiorucci Food.

Particolarmente coinvolgente il lavoro realizzato da S&S: si tratta infatti di una campagna on line di sensibilizzazione e raccolta fondi, in cui 50 persone con sindrome di down hanno chiesto a 50 personaggi famosi di farsi loro portavoce.

L’obiettivo – pienamente centrato – era quello di amplificare attraverso le voci delle persone famose quelle delle persone affette da questa sindrome ed estendere, grazie alla condivisione sui social network e alla visualizazione da parte dei fans, i destinatari di questo messaggio.

Il Grand Prix nella categoria Media va invece a “Why wait until it`s to late? realizzato da Ogily & Mather Amsterdam per Funeral insurance Company Dela. Mentre tra i paesi maggiormente rappresentati, troviamo Inghilterra e Australia rispettivamente a quota 12 e 10 metalli.

Nulla di fatto invece per il nostro Paese nella categoria Mobile dove l`Italia torna a casa a mani vuote, dopo che dei 12 progetti presentati nessuno di questi era riuscito a entrare in shortlist. Ad aggiudicarsi l`ambito Grand Prix in questa categioria e` stato un lavoro proveniente dale Filippine: TXTBKS realizzato da DM9JaymeSyfu di Makati City per Smart Communication

 

Guerrera e Lampugnani su Cannes: «Alcuni giurati italiani si sono preparati bene, altri no»

Incontriamo a Cannes Francesco Guerrera e Nicola Lampugnani, direttori creativi esecutivi di Tbwa/Italia, agenzia che ha conquistato un bronzo in Promo & Activation con Together for Reconstruction per McDonald’s Italy e una shortlist in Media.

«Siamo contenti – affermano a Pubblico Today – anche se ci aspettavamo qualcosa di più in Design, ma comunque vincere un bronzo con McDonald’s è importante, perché è un cliente grosso e conplesso.

In generale il livello medio dei lavori quest’anno è stato alto, forse con meno punte rispetto all’anno scorso, ma la grande differenza la fa la preparazione dei Paesi quando arrivano al Festival, cioè il lavoro di pr dei giurati.

In Italia stiamo migliorando molto grazie a Goodfellas (ndr, gruppo lanciato da Massimo Guastini di Adci) che organizza incontri tra agenzie e giurati sia precedenti che attuali, spiegando anche come ci si comporta in giuria, e infatti in questi ultimi due anni l’Italia ha aumentato il numero dei leoni. Però, dobbiamo dire che alcuni giurati si sono preparati bene, altri no.

E’ vero che ognuno approccia la giuria a livello personale, ma è necessario che il giurato conosca bene tutti i punti di forza e le debolezze di ogni singolo lavoro italiano iscritto, infatti la domanda di un singolo giurato può svoltare le decisioni in un metallo, saper dire la cosa giusta al momento giusto aiuta molto.

Ad esempio rispetto alla nostra case history di McDonald’s, cosa pensate che sappia un giurato cinese o indiano sul parmigiano reggiano? Basta poco, solo prepararsi per dare le risposte giuste.

Quello che bisogna sottolineare è che l’Italia sta scomparendo dalle categorie tradizionali, come stampa, affissione, radio, e vedremo i film (ndr, al momento la premiazione dei film non si è ancora svolta) ed è evidente che siamo più bravi sulle leve di comunicazione non tradizionali.

Inoltre i brand stanno cambiando, diventano fautori del vivere meglio, non sono più solo creatori di prodotti, ma editori. Non c’è più il brand che compra il media, adesso il marchio crea contenuti e li distribuisce attraverso le persone. L’azienda si sta spostando dall’essere venditore di prodotti a venditore di servizi, e questa è una grande opportunità per le agenzie».

Vanna Assumma

 

Gb e Usa davanti a tutti nella shortlist Pr. Italia dentro con 6 lavori

Sono ben 6 i progetti italiani entrati nella shortlist Pr Lions in questa prima vera giornata di Festival. Tra i 37 lavori presentati, non si smentisce il bellissimo “The candidate”, commissionato da Heineken International a Publicis Italia che, dopo essere entrato nella shortlist Direct e in tre sezioni di Promo & Activation, si conferma qui in ben due sezioni: Best International Pr campaign e Internal communication.

Oltre a “The candidate”, troviamo “The smammas”, il progetto di Burson Marsteller Milan per Webank, anch’esso in due sezioni distinte: Best launch or re-launch e Financial services and corporate finance.

In aggiunta a queste due campagne, tra la fila italiane si annoverano: “Cinzia, your skin friend” di Leo Burnett Milan per Idi Farmaceutici (Smd); “#Dammipiùvoce – Turn up my voice”, realizzata da Saatchi & Saatchi Milan per Coordown Onlus; “The real master of intuition”, la campagna di Barabino & Partners Milan per Heineken Italia; e infine “Loveville”, commissionata da Rackitt Banckiser ad Havas Worldwide Milan.

Come da tradizione, tra i paesi più rappresentati nella shortlist Pr, Stati Uniti con 20 campagne e Gran Bretagna con 19.

Igor Riccelli

 

Il tricolore esce da Creative Effectiveness

Prima battuta d’arresto per gli italiani nella categoria Creative Effectiveness, sezione giovane nel Festival di Cannes, giunta quest’anno alla terza edizione. Nessun lavoro tricolore dunque entra nella shortlist, che in totale premia 12 lavori su un totale di 120 ingressi.

L’Italia ha presentato solo 3 campagne, ma è già un passo avanti rispetto all’anno scorso quando aveva disertato questa categoria. I Paesi più rappresentati in shortlist sono gli Usa con 4 entry, seguiti da Regno Unito e Australia entrambi con 2 lavori selezionati. La giuria è presieduta dallo statunitense Shelly Lazarus, presidente emerito di Ogilvy and Mather.

Vanna Assumma

 

The Candidate assoluto protagonista tra gli italiani nella shortlist Promo & Activation

The Candidate, film realizzato da Publicis Italia per il brand Heineken International, si conferma protagonista anche nella shortlist Promo & Activation. Dopo aver fatto il suo ingresso nelle shortlist Direct e Pr, lo spot entra in ben 3 sezioni – Corporate Image & Informatiom, Best Integrated Campaign Led, Best sponsorship or partnership Campaigns – nella categoria dedicata alle campagne che attivano le audience e valorizzano gli effetti della creatività sul pubblico.

In totale, dei 42 lavori italiani (come nel 2012) presentati in questa categoria, sette di questi accedono alla selezione finale per la conquista degli ambiti metalli: Fastline realizzato da M&C Saatchi Milano per Fastweb; The Real Master of Intuition di Publicis Italia per Heineken Italia; #Dammipiuvoce – Turn up my voice di Saatchi & Saatchi Milano per Coordown Onlus; I vote anyway di Bcube Milano per conto di Royal Unibrew; CINZIA, your skin friend di Leo Burnett Milano per IDI Farmaceutici; together for Reconstruction di Tbwa/Italia per McDonald”s Italia.

Tra i Paesi maggiormente rappresentati, anche in questa categoria si conferma in forte ascesa il Brasile con 32 lavori in lizza per le premiazioni, che precede gli Stati Uniti che si piazzano al primo posto con 38 campagne in shortlist.

Lorenzo Martorana

 

4 italiani nella shortlist Direct

Si è aperta ieri la 60esima edizione del Cannes Lions Festival, in scena come ogni anno presso il Palais di Cannes. Dopo la giornata d’apertura dedicata alla categoria Innovation, oggi il festival entra nel vivo con la sezione Direct Lions nella quale, sui 37 progetti italiani iscritti, 4 hanno superato il primo scoglio, entrando a far parte della shortlist.

Si tratta delle campagne “Map of curruption”, realizzata da McCann Worldgroup Milan per conto di Fiorucci Food; “The candidate” di Publicis Italia per Heineken International; “The greatest storyteller”, realizzata da Ogilvy & Mather Milan per conto di Ied Milano; e, per concludere, “The real master of intuition”, commissionata a Publicis Italia da Heineken Italia.

C’è da sottolineare come, nella categoria Direct, i lavori italiani presentati quest’anno siano il 15,6% in più rispetto all’anno scorso, mentre l’aumento registrato rispetto al 2011 (10 campagne iscritte) tocca addirittura il 270%.

Tra i paesi con il maggior numero di lavori presentati, al primo posto troviamo il Brasile (290), seguito dagli Stati Uniti (245) e dalla Germania (195). Mentre i dati rivelano come il paese ad aver collezionato più ingressi in shortlist sia l’Australia, che aveva presentato 165 progetti; al secondo e al terzo posto si piazzano rispettivamente Stati Uniti (27) e il Brasile (23).

Igor Riccelli e Lorenzo Martorana

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