Cosa sappiamo (e da chi) sugli allevamenti avicoli?

Il pollame è diventato la principale fonte di carne e il suo contributo all’alimentazione umana è in aumento: “Il pollame è la specie animale domestica più diffusa al mondo (FAO, 2016)”.

Tuttavia puoi fare tutta la pubblicità che vuoi a un pollo o a un uovo, ma se manca la corretta informazione su come funziona l’approvvigionamento di polli e uova per l’alimentazione umana, basta qualche filmato e qualche testo struggente per far apparire un comparto responsabile in un’entità malvagia. L’atteggiamento delle organizzazioni che contrastano gli allevamenti avicoli protetti (altrimenti definiti intensivi) è infatti il risultato dell’incrocio fra ideologia e scarsa volontà all’approfondimento scientifico. Basterebbe un dialogo aperto e una comunicazione serena fra le parti e si potrebbe giungere con meno patemi d’animo e fastidiose interferenze (anche paradossali) a perfezionare le già elevate attenzioni al benessere animale che il comparto avicolo affina anno su anno che hanno portato ad un incremento costante di efficienza biologica e sostenibilità ambientale. Oggi per esempio, un pollo, per raggiungere un peso di 2,5 kg, consuma mezzo chilo di mangime in meno rispetto a 15 anni fa, che si traduce in una riduzione del 37% del terreno necessario per la produzione del mangime. Non va dimenticato infatti che l’avicoltura ha l’obiettivo di rendere disponibili alimenti che siano contemporaneamente sani, nutrienti ed economicamente accessibili ai più. È anche necessario riflettere sul fatto che, proprio la ricerca di ottenere dei ritorni economici da questo tipo di impresa, produce in modo collaterale (poco conosciuto) un costante incremento del benessere animale… che è tuttavia il tema più attenzionato sia dal comparto che dai suoi detrattori. Si riflette raramente sul fatto che la qualità delle attenzioni studiate per aumentare gli standard di benessere animale, motivate dalla necessità di rendere remunerativo il dedicarvisi, si traduce “automaticamente” in animali sani e “in carne” perché “obbliga” il settore a studiare soluzioni che, essendo orientate a bilanciarsi economicamente, sono anche di conseguenza portate a mantenere l’animale sano e quindi ad agire per il suo benessere. Non solo. L’avicoltura è un ambito in cui sono presenti aspetti di sostenibilità noti purtroppo solo tra gli addetti ai lavori, concentrati più a fare che a dire. Una sostenibilità messa a rischio paradossalmente proprio da ideologie ambientaliste e animaliste, anche comprensibili e rispettabili, ma condotte con approcci ostili e spesso anche con una certa forma di malcelata codardia evidenziata dal fatto che questi gruppi organizzati, mossi da intenti anche positivi, non costruiscono percorsi diretti di dialogo con i veri protagonisti del comparto, bensì con gli utilizzatori intermedi (trasformatori, GDO, catene di ristorazione…).

Le ostilità fra animalisti/ambientalisti e il comparto avicolo fanno fatica a risolversi per via dello scontro fra scienza e ideologia. In entrambe gli ambiti si potrebbero fare molti più passi in avanti costruendo un dialogo consapevole dei limiti e dei difetti presenti da entrambe le parti, con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise.

Oggi invece gli animalisti, non essendo portatori di contenuti scientifici, mancando di visioni d’insieme e avendo la tendenza a usare solo la “pancia”, risultano un’entità che ha come unico vero obiettivo finale la chiusura di tutte le attività di allevamento. Ovvio quindi che da una parte si inneschi un muro a difesa e che, dall’altra parte, questo muro venga semplicemente considerato un ostacolo. Serve mediazione, e proprio per questo serve dialogo e comunicazione corretta e imparziale. Ne godrebbero anche lo spessore e la credibilità dei contenuti della pubblicità di questo settore che ad oggi è invece francamente imbarazzante per la banalità con cui si esprime.

Questi temi si sviluppano un po’ ovunque e in alcuni Paesi vengono affrontati anche in modi diversi. Per esempio, laddove si palesa un eccessivo accanimento distruttivo e irrazionale da parte delle organizzazioni, alcuni governi intervengono. In Australia per esempio:In Australia una legge per proteggere gli allevatori dagli animalisti.

Pietro Greppi

ethic advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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