Prosegue il percorso del “Libro Bianco sulla comunicazione digitale”

Martedì 9 ottobre l’intera industry della comunicazione si è riunita per sviscerare miti e tabù sulla brand safety e brand policy, già al centro della seconda edizione del Libro Bianco. Presidenti e direttori delle associazioni aderenti (Assocom, Fcp‐Assointernet, Fedoweb, Fieg, Iab Italia, Netcomm, Unicom, Upa) hanno ribadito l’importanza di un tavolo comune che faciliti il dialogo e premetta un confronto costruttivo per trovare un punto di convergenza tra le esigenze tra le diverse componenti rappresentanti il mercato. Alberto Vivaldelli, responsabile digital Upa ha aperto i lavori sottolineando l’importanza del contesto in cui è inserito il Libro Bianco della Comunicazione Digitale: oltre alla brand safety vera e propria, ovvero la messa a disposizione per i brand di contesti di comunicazione in linea con la legge, sta assumendo sempre maggiore importanza la brand policy, ovvero la gestione dei contesti in linea con le specifiche policy del brand scelte e indicate per ogni campagna di comunicazione. L’auspicio è che lo sviluppo delle tecnologie e delle competenze in questi ambiti porti la gestione dei contesti di delivery della pubblicità digitale a diventare un asset per gli investitori pubblicitari, e non solo un elemento di potenziale criticità. Per minimizzare le minacce e massimizzare le opportunità è fondamentale gestire il tema della brand safety/policy fra tutti i partner coinvolti nella delivery di una campagna prima, durante e dopo la campagna stessa. Giorgio Galantis, presidente Fcp‐Assointernet e Alessandro Furgione, consigliere Fcp Assointernet, hanno evidenziato i rischi legati ad un eccessivo ricorso alle blacklist (di domini o sezioni) quale strumento principale per l’attivazione della propria brand policy. Strumento che, soprattutto in contesti di comunicazione qualificati, molto spesso rischia di impedire il raggiungimento del volume di impression prefissato in sede di pianificazione. Lo stesso pericolo si incorre con le interminabili liste di keywords che peraltro comportano falsi positivi e falsi negativi. Inoltre i rappresentanti di Fcp hanno voluto ricordare che il passback, una tecnologia che consente all’editore di monetizzare le chiamate che sono state scartate/bloccate da strumenti di Ad Verification nella modalità di acquisto reservation, spesso ‐ per limiti tecnici ‐ non restituisce affatto la chiamata e quindi distrugge il valore per gli editori. La soluzione prospettata risiede in un dialogo continuo e condiviso tra gli attori e incentiva l’evoluzione tecnologica per la diffusione sul mercato di più sofisticati strumenti di analisi semantica che permetterebbero una circoscrizione mirata dei contesti e dei contenuti. Contesti che per gli utenti finali hanno un ruolo estremamente importante, come ha dimostrato la ricerca realizzata da Human Highway per Rcs e illustrata da Roberto Zanaboni, direttore digital advertising di Rcs Advertising. In particolare emerge che i lettori abituali di siti di news registrino un aumento di 5 punti percentuali del giudizio complessivo di una marca quando questa è associata a contenuti positivi e di 2 punti percentuali anche quando è associata a contenuti percepibili come negativi. Qualificati contesti di comunicazione favoriscono dunque il mantenimento dell’immagine relativa alla marca anche in caso di esposizione associata a contenuti non positivi. L’incontro è terminato con una tavola rotonda moderata da Michele Marzan, consigliere Iab Italia, che ha sollecitato i relatori su temi quali gli investimenti, le fake news e il ruolo che la tecnologia può rivestire.

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