Assocom, le aziende diventano sempre più editori e crescono gli investimenti sugli owned media

Layla Pavone
Layla Pavone

Il convegno di Assocom ha focalizzato in particolare l’attenzione sull’evoluzione dell’online, come ha illustrato Marco Girelli, ceo Omg Italia e vicepresidente dell’associazione: «Il 36% dell’adv su internet è costituito dal search, il 25% dal display, il 13% dai video, l’11% da class & directory, il 4,5% da social, il 4% da performance e la stessa percentuale da mobile, infine il 2,5% da programmatic. Per quanto riguarda il “gestito”, il 54% della spesa sul web passa attraverso i centri media, la restante percentuale attraverso i clienti direttamente oppure con agenzie specializzate. Il programmatico, che occupava il 5% sul totale investimenti online nel 2013, arriverà al 10% quest’anno. La crescita a due cifre sarà per video, mobile, social e programmatic. E quando parlo di programmatic non intendo solo RTB, dove so esistere problemi di trasparenza, tecnologia, di veridicità di dati, ma mi riferisco alla taylor communication, cioè alla capacità di intercettare le persone giuste al momento giusto». A parlare del nuovo ecosistema della comunicazione (inteso nella sua accezione di interazione all’interno e all’esterno) sono stati Layla Pavone, presidente Centro Studi Assocom, e Giuliano Noci, professore ordinario di marketing al Politecnico di Milano. «Un tempo la filiera era lineare – ha iniziato Pavone – con la strategia in mano alle aziende e ai consulenti aziendali, veniva poi definita la creatività dalle agenzie di comunicazione, quindi si passava ai centri media per la pianificazione, poi alle concessionarie/publisher, infine intervenivano gli studi PR. Oggi l’ecosistema è complesso e polverizzato e, tra grandi multinazionali, piccole agenzie, new comers, network di freelance, technology provider, consulenti di direzione, il mercato sviluppa l’1% del Pil in Italia, con un indotto di 150mila persone, ovvero lo 0,5% della totalità degli occupati». Del fatto che le aziende diventano sempre più editori di contenuti e dell’importanza degli owned media ha parlato Giuliano Noci: «Il 68% delle aziende alloca ancora budget rilevanti sui paid media, che si evolveranno sempre più in chiave multicanale, ma il 44% delle imprese dichiara che investirà la maggior parte del budget sugli owned media, e questi canali non sono solo digitali ma anche offline, come ad esempio i concept store e gli eventi. È chiaro che con questo trend nascono nuove opportunità per le agenzie, soprattutto per aiutare le Pmi che faranno fatica a diventare editori e avranno bisogno di professionalità per lo storytelling. Per quanto riguarda gli analytics, la troppa informazione genera entropia e quindi è necessario mettere ordine e passare dai big data agli smart data. La ricerca ha evidenziato che le aziende si stanno riappropriando del controllo delle attività strategiche connesse al valore della marca, ma vogliono dialogare con partner privilegiati e stabili che si occupino del coordinamento. Il ruolo delle agenzie quindi rimane cruciale per il coordinamento operativo di tutti i soggetti che ruotano attorno all’azienda. Cresce l’importanza dei centri media anche a livello strategico, anche se diventano sempre più conglomerati di competenze diversificate nella comunicazione. In sintesi, il nuovo assetto del mercato va verso l’ampliamento delle competenze perché la strategia di comunicazione deve essere nativamente multicanale, online e offline, verso le partnership e logiche di incubazione di startup. Si ritorna a un modello di business full service, di servizio a 360 gradi attraverso acquisizioni o incubazioni, che però dovrà essere realmente integrato e “comunicante”. Oppure si va verso piccole agenzie iperspecializzate ma necessariamente incorporate in dinamiche di network, mentre le medie agenzie devono crescere in modo organico o attraverso il networking. Crescere vuol dire dotarsi di nuove competenze, non tanto crescere in volume. Infine, per quanto riguarda i big player della rete, le imprese li vedono come partner e non solo come disintermediatori. E i newcomers? Le aziende stanno coinvolgendo nuovi attori, system integrator, technology provider, società di consulenza, ma non li ritengono partner privilegiati e stabili». A margine della conferenza, abbiamo chiesto a Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente Upa e in prima fila nella platea del convegno, un commento sull’attuale riforma della Rai: «Non sono stato chiamato dal comitato dei saggi eppure è da tanto che ho proposto un piano che prevede, tra le altre cose, un canale pubblico senza pubblicità. Si potrebbe anche pensare a un’affluenza pubblicitaria ridotta, perché in effetti gli spot sono funzionali ai cambi di trasmissione».

Vanna Assumma

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