Programmmatic e mobile: dubbi e certezze di Maggioni, Vaccarono, Colombo, Cagnetta, Muraglia…

CODO 2014_1Non c’è appuntamento che si rispetti che non si concluda con una bella tavola rotonda, e questo vale anche per l’annuale incontro di Assocom. I “cavalieri” che ieri hanno animato la discussione moderata da un giornalista di Radio 24, Enrico Pagliarini, erano personaggi di tutto rispetto del mondo della comunicazione. Coinvolta Layla Pavone, presidente del Centro Studi di Assocom e già in campo nelle fasi precedenti del convegno, come del resto Giuliano Noci, presidente di Explora e professore ordinario di marketing del Politecnico, sono saliti sul palco anche Giovanna Maggioni, direttore generale Upa, Valentino Cagnetta, ceo di Media Italia, Luca Colombo, country manager di Facebook, Fabio Vaccarono, country manager di Google, Marco Muraglia, chairman di Starcom Mediavest. Che effetto ha fatto il cambiamento innescato dal digitale e dalla crisi sui player dello scenario dell’advertising? Secondo Layla Pavone qualcuno dei soggetti del mercato si è come “fermato”, si è difeso attuando strategie difensive e conservatrici. Un atteggiamento autolesionista e insensato, ha rimarcato la Pavone, considerato che «la parte più nobile del ruolo di consulente è proprio quella in cui si mettono in campo le proprie competenze per analizzare la realtà e governare il cambiamento». L’Italia è atterrata dopo gli altri nella nuova era? Secondo Marco Muraglia è vero solo in parte. «Non ci sono state differenze eclatanti rispetto agli altri Paesi, se non quelle direttamente conseguenti al ritardo che il nostro Belpaese ha avuto in termini di efficienza e diffusione della banda larga». Questo aspetto infrastrutturale comunque, secondo il manager di Publicis, sta rendendo più lento anche l’approdo del programmatic buying e del real time bidding. Ma ora – scommette Muraglia – è scontato che i meccanismi di automatizzazione del buying si svilupperanno velocemente anche tra noi. Al moderatore Pagliarini che sottolineava come Procter & Gamble avesse appena annunciato che avrebbe indirizzato sul programmatic più del 50% del proprio investimento digitale, Valentino Cagnetta ha suggerito l’ipotesi che forse il mercato sta parlando di questa nuova potenzialità in una maniera un po’ troppo superficiale. «Ci sono spinte e interessi fortissimi tesi a fare affermare globalmente il programmatic buying, ma è molto importante – ha sottolineato il capo di Media Italia – che la industry affronti anche questa pratica dando le stesse garanzie di professionalità, serietà, trasparenza che l’ha sempre caratterizzata quando si è trattato di approcciare le pianificazioni più classiche». Giovanna Maggioni ha colto la palla al balzo per sottolineare come l’Upa e egli utenti di pubblicità vogliano essere messi nelle condizioni di capire come si muovono i denari spesi in programmatic: quanto viene ascritto al costo delle piattaforme, quanto al contatto raggiunto, quanto al costo del ‘trading’ eventualmente operato dall’agenzia media. Maggioni ha lasciato intendere che non è del tutto convinta della formula per cui lo stesso interlocutore – le centrali media – possa contemporaneamente giocare più di un ruolo. Ed ha ammesso un certo “disorientamento”. Luca Colombo ha parlato della forza eversiva del mobile. Il mercato italiano, Facebook lo certifica: «Un anno fa – ha raccontato – avevamo 14 milioni di utenti mese. Oggi abbiamo più di 14 milioni di utenti giornalieri». Ha rincarato la dose Fabio Vaccarono. Il country manager di Google ha sottolineato come sugli sviluppi legati al consumo in mobilità, bypassando il problema di digital divide che vale per l’infrastruttura terrestre della Rete. «Siamo tra i primi cinque mercato al mondo per quello che riguarda gli sviluppi legati al consumo e alla fruizione di informazione, servizi e intrattenimento mobile». Il manager ha fatto una previsione secca. Secondo lui tra pochissimi anni il ranking delle primo posizioni di mercato di quasi tutti i settori e comparti sarà radicalmente diversamente da quella attuale e ad avere fatto la differenza sarà stato proprio l a maniera in cui le aziende in questione avranno interpretato la sfida mobile.

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