Orfani di Miss Italia

Confesso di non aver mai assistito al programma televisivo dedicato alle finali di Miss Italia, ragion per cui il fatto che la dirigenza Rai ne abbia decretato la fine, non turba minimamente i miei sonni.

Tuttavia, il vasto coro di consensi intorno alla decisione, contrabbandata per scelta etica e tanto apprezzata sul fronte del giornalismo rosa più engagé, mi mette in allarme.

Quasi certamente, la scelta di abbandonare un programma dai costi rilevanti, non bilanciati da un’audience adeguata, è stata la ragione vera – e perciò non contestabile – della sua soppressione.

Cosa ben diversa sarebbe stata se tale decisione avesse tratto origine da motivazioni diverse o fosse stata ispirata, come da più parti si sussurra, da personaggi di primo piano del panorama istituzionale, turbati dall’innocente passerella di fanciulle in fiore in un castigato costume da bagno, contenuto fondamentale se non esclusivo di uno spettacolino leggero, forse di gusto un po’ greve, ma, tutto sommato, innocente.

Certo suggerire, anche subliminalmente, che un sorriso luminoso ed un bel c… costituiscano il viatico più efficace per avviarsi ad una carriera costellata di successi, non può definirsi un messaggio educativo, ma penso che un giudizio equilibrato avrebbe collocato il programma nell’ambito della brutta televisione e della programmazione povera di idee, piuttosto che nell’area dell’eticamente riprovevole.

Condivido perciò la posizione assunta da Fiorello quando, in netta controtendenza rispetto alla gran massa dei colleghi, immediatamente allineati all’opinione istituzionale prevalente, dichiara “non ha mai fatto male a nessuno, anzi ha portato bene a molte donne, belle e parlanti”.

Tuttavia, salire sul carro dei vincitori è, non da oggi, sport nazionale ampiamente praticato soprattutto in certi ambienti, dove il politicamente corretto è conditio sine qua non per aspirare ad ingaggi e scritture da parte della TV pubblica ed ai conseguenti lauti compensi.

Forse i fautori di questa ondata di neofemminismo moralista ritengono più educativo premiare con congrue somme di pubblico danaro, coloro che, con consumata abilità e facendo ricorso ad un cospicuo background culturale (stanotte ho sognato la nonna che era molto legata al numero 7), scelgono senza esitazioni il pacco giusto, quello che assegna un premio che può, da un giorno all’altro, cambiare la vita?

O possiamo definire formativi ed educativi i cosiddetti programmi di approfondimento che imperversano in qualunque ora del giorno mettendo in vetrina vocianti protagonisti, per lo più di seconda fila, dell’agone politico ed improvvisati ed autoreferenziati maîtres à penser impegnati a sproloquiare ed a sparare cazzate senza costrutto su argomenti che toccano nel profondo la vita dei cittadini?

E’ vero che il format di Miss Italia era superato ed aggregava un pubblico piuttosto in là cogli anni e che gli sponsor erano sempre più difficili da reperire. Ed è vero anche che quella stessa manifestazione che aveva permesso – temporibus illis – a giovani ed avvenenti signore del calibro di Silvana Mangano, Gina Lollobrigida eSophia Loren di uscire dall’anonimato e di avviarsi a luminose carriere, negli ultimi quattro anni ha incoronato Maria Perrusi, Francesca Testasecca, Stefania Bivone e Giusy Buscemi, che rimangono per me, e me ne scuso con le dirette interessate, illustri sconosciute.

Peraltro nella tempesta mediatica che ha fatto seguito alla decisione non ho colto grandi obiezioni sul fatto che permangano ben saldi nel palinsesto i cosiddetti programmi di confronto-scontro su tematiche politico-sociali che hanno favorito l’avvento o il permanere nella stanza dei bottoni di personaggi dei quali il Paese avrebbe potuto fare a meno senza traumi e, in taluni e non rari casi, con notevole giovamento.

Qui forse un bel repulisti sarebbe opportuno e questa sarebbe certamente una scelta eticamente apprezzabile, poiché, sarò all’antica, ma mi ostino a preferire una bella ragazza in costume da bagno al senatore Calderoli in smoking.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it

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