La stalla è vuota

Certo, a parlarne così, si corre il rischio di essere annoverati tra quei nostalgici del buon tempo andato che, ad ogni piè sospinto, a proposito di quel che la cronaca degli eventi quotidiani propone, si affannano a ripetere: ’“Io l’’avevo detto’”. Ma, in questo caso, VERAMENTE io l’’avevo detto!

Mi riferisco al fatto che anche Sassoli, a nome dell’’UPA, si unisce al coro dei postulanti e chiede misure a sostegno degli investimenti pubblicitari attraverso interventi sulla fiscalità, così come, qualche tempo fa, a nome degli editori, De Benedetti si era espresso in tal senso. Evviva. Meglio tardi che mai, scrissi allora.

Ma dov’’erano l’’UPA, la Fieg, Assocom e tutta la compagnia di giro della comunicazione, quando, a nome di Unicom, che avevo l’’onore e l’’onere di guidare, chiedevo a gran voce al Presidente del Consiglio che i benefici dell’’allora vigente ’“Legge Tremonti’” venissero estesi anche agli investimenti di carattere immateriale: formazione, ricerca e, soprattutto, comunicazione.

E questo non tanto per sostenere un mercato che in quegli anni realizzava ancora risultati moderatamente soddisfacenti, ma per far capire agli imprenditori, i medi ed i piccoli in particolare, che la comunicazione non solo costituisce un formidabile fattore strategico di successo, ma è anche la leva più efficace per far crescere le imprese ed il sistema nel suo complesso.

E’’ mai possibile che allora solo il sottoscritto riuscisse a percepire i segnali deboli di una crisi sistemica prossima ventura? Oppure che quel tipo di lettura degli eventi fosse frutto di un mio pessimismo di fondo, del mio ostinarmi a vedere il bicchiere mezzo vuoto, quando tutti gli altri preferivano spendersi in armoniosi giri di valzer sulla tolda di un presunto inaffondabile Titanic? 

In quei giorni la rivoluzione tecnologica che ha sconvolto il nostro mondo ed alterato pesantemente il mercato, accennava timidamente i primi passi: come mi permettevo io di ipotizzare un imminente cataclisma?

O, come sostiene qualcuno, è vero invece che i Presidenti delle varie associazioni del comparto, non fossero smaniosi di accodarsi a quel rompicoglioni di Strona e preferissero trincerarsi prudentemente dietro un cauto ’“no comment’” (tranne forse Giulio Malgara, ma più che altro a titolo personale).

In poche parole allora fui lasciato solo. Una voce isolata che gridava nel deserto.
Ora, quando è evidente a tutti che i buoi hanno riacquistato la loro libertà, abbandonando in massa le stalle, eccoli lì, tutti quanti impegnati a sostenere che il sistema è malato, che ha bisogno di una mano per tentare di risollevarsi, che il mondo dell’’editoria rischia di implodere, che le imprese di comunicazione sono sull’’orlo del baratro, che senza aiuti dallo stato finiremo presto per affondare.

Ma intanto, invece di sedersi ad un tavolo, tutti insieme e con pari dignità, paria ed eletti, a tentare di elaborare una strategia comune e praticabile in questi tempi irti di difficoltà, eccoli di nuovo a giocare al primo della classe.

E le associazioni, giusto per non perdere le cattive abitudini, continuano a gingillarsi con proposte volte ad ’“innovare il modello delle relazioni tra clienti ed agenzie’” ed a sollecitare quasi quotidianamente i propri associati a perdere intere giornate ad ascoltare il guru di turno che annuncia rivoluzionarie innovazioni metodologiche che, di regola, durano lo spazio di un mattino, nel senso che, se sono proposte in apertura di convegno, dopo il lunch, vengono già annoverate tra la roba vecchia.

Potrei continuare, ma preferisco, per carità di patria, fermarmi qui. Anche se qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettare che nel muovere critiche a destra e a manca, non faccio altro che allinearmi ai comportamenti di tutti.

Forse è vero! Sono disposto ad ammetterlo davanti alla vasta platea dei miei quattordici lettori. Confesso che al cospetto delle cronache di queste convulse giornate, mi rallegro di essere fuori dalla mischia istituzionale, anche se, ahimè, mi ostino a rimanere coinvolto nella lotta quotidiana per sopravvivere ad un mestiere che, ogni giorno di più, procede a grandi passi verso un’’imminente ed irreversibile agonia.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it

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