MAMMA VOGLIO FARE IL FOTOGRAFO

La saga delle mie mini interviste all’amico fotografo Guido Alberto Rossi produce sempre nuove riflessioni su vari aspetti dell’etica della professione. Questa volta, in occasione del della chiusura dell’anno, l’etica riguarda quella verso sé stessi nel momento in cui si sceglie di dedicarsi ad una professione: “Mamma voglio fare il fotografo”… oggi è possibile, solo se hai la mamma ricca e a patto che lei per te non sogni invece una carriera da “avvocato disoccupato”. Per diventare un discreto fotografo, tanto da portare a casa i soldi necessari per vivere, ci vogliono diverse doti: la prima ovviamente è avere la fotografia nel DNA, poi saper leggere la luce e tutto il resto necessario, macchina fotografica compresa, per realizzare le immagini, avere un gruzzoletto iniziale che ti permetta di vivere per due/ tre anni senza incassare un euro, non essere una Kaprazucca dalla nascita e ovviamente lavorare molto sodo. L’altra soluzione è diventare l’assistente di un bravo fotografo e assorbirne la scienza fotografica giorno dopo giorno. Non credo nelle scuole di fotografia che durano anni e non insegnano la cosa a mio avviso principale e cioè “Come ci si muove nel mondo reale!”. Ovviamente è indispensabile imparare ad illuminare e saper comporre un’immagine, ma è altrettanto importante imparare a muoversi tra redazioni e agenzie pubblicitarie, sapere che non serve vestirsi e pettinarsi in modo eccentrico per ottenere un lavoro e tenere bene a mente che i fotografi artisti in tutto il mondo sono pochissimi e che la maggior parte -anche di quelli bravi- sono dei bravi artigiani. Le migliori scuole di fotografia sono i musei d’arte: se un’aspirante fotografo studia attentamente le opere dei grandi pittori, osservando l’illuminazione, la composizione e l’azione che l’artista ha dato con i pennelli al soggetto e a occhi chiusi trasporta il quadro nella fotografia immaginaria che ha in mente il resto diventa “facile”. È anche indispensabile sapere dall’inizio in che genere di fotografia ci si vuole impegnare e lavorare: si può spaziare dalla foto di moda al reportage di guerra, passando dallo still-life al food, fino all’architettura etc. Non guasta conoscere e studiare i lavori dei fotografi top di ogni settore professionale. Com’è importante anche saper distinguere tra i fotografi tanto osannati dai critici fotografici, ma che non hanno mai campato con i soldi dei loro lavori e quelli che, zitti-zitti, lavorano come ascari e campano -alcuni anche molto bene- solo di fotografia. Quando ero titolare della mia agenzia fotografica, tutte le settimane incontravo e guardavo il portfolio di almeno cinque fotografi o aspiranti tali. Il triste bilancio era che alla fine dell’anno solo una decina di loro aveva meritato il tempo dell’incontro, ovviamente alcuni erano già dei professionisti conosciuti che volevano ampliare il loro campo d’azione, altri sapevano fotografare bene e volevano migliorare sia il loro lavoro che i loro guadagni, purtroppo una gran parte non aveva la minima idea di quello che faceva e che cosa richiedeva il mercato, nonostante basterebbe guardarsi intorno per vedere quello che viene pubblicato. Comunque, i peggiori erano quelli che venivano a mostrarmi dieci brutte foto in croce e mi chiedevano come si faceva a diventare molto ricchi e in tempi brevi facendo il fotografo: la mia risposta standard era di andare a chiederlo a Pablo Escobar. Sembrano delle battute… ma è tutto vero. Buone fotografie natalizie a tutti!”.

Pietro Greppi

Consulente per l’etica e fondatore di Scarp de tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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