Startup sempre più globali

Capita sempre più spesso ormai di incontrare giovani imprenditori italiani che si sono trasferiti a Berlino o a Londra aprendo la loro startup o sono solo di passaggio in Italia, dove magari hanno il team di sviluppo ma poi l’’headquarter è all’’estero, anche in Silicon Valley.

Eh si, loro hanno capito che per fare una startup innovativa bisogna essere globali dal primo giorno ed essere dove si trova il miglior ecosistema per svilupparla. Questo vale non solo per il digitale ma anche per gli altri settori tecnologici.

Due settimane fa siamo stati in Germania (in una delle missioni di benchmarking internazionale di Iag) e tra le altre cose abbiamo incontrato l’’High Tech Grunderfonds, gestore di fondi pubblici di coinvestimento che investono in startup entro un anno dalla fondazione (2 fondi per 550 milioni di euro).

L’’incontro è stato molto positivo e abbiamo iniziato a scambiarci deal fl ow per valutare opportunità di coinvestimento. Abbiamo così scoperto che una delle startup italiane non digital più interessanti dell’’ultimo anno è in due diligence con loro per un coinvestimento da 2 milioni ’€.

Del resto per ricevere i loro soldi devi solo aprire un ufficio in Germania, non necessariamente l’’headquarter. Il nostro business trip a Berlino è stato intenso e personalmente un po’’ scioccante, quasi come uno schiaffo, una sveglia, un allarme. Qua fanno veramente sul serio.

Un po’’ di numeri: nella sola città di Berlino ci sono 25 tra incubatori e co-working space, 1.200 startup all’’anno vengono fondate e 500 fi nanziate. Stia mo parlando di numeri che per una sola città sono quasi il doppio dell’’Italia intera.

In questo momento Berlino è l’’hub europeo per le startup digitali e new media, probabilmente ancor più di Londra.Vengono giovani da tutta Europa, gli emergenti programmatori dell’’Europa dell’’est, i giovani imprenditori del digitale da tutta l’’Europa occidentale, da nord a sud.

La parola d’’ordine in tutte le giovani startup è tenere i costi fissi (burn rate) più bassi possibile, soprattutto all’’inizio quando non si fattura e si sviluppa.  A Berlino un appartamento da 60 mq costa in affitto 300’€ al mese e un ufficio da 100mq non più di 1.000’€.

Oppure hai solo l’’imbarazzo della scelta per trovare l’’incubatore giusto o affittare in modo flessibile una scrivania in uno dei molti coworking space. Interi quartieri pieni di giovani con tutti gli attori della catena del valore del settore presenti, tra startup, incubatori, operatori corporate, società di servizi e investitori.

Tutti i principali fondi europei e ora anche gli americani vengono qui, anche senza un ufficio stabile, passano in città varie giornate al mese, incontrano startup e investono.

Un esempio, solo per citare una delle startup più calde del momento, Soundcloud: fondatori svedesi trasferiti a Berlino e fi nanziati al primo round dal fondo VC londinese di Doughty Hanson, quindi fi nanziati da Index e poi dall’’americana Kleiner Perkins.

Per gli startuppari del resto della Germania e magari in settori non digital ’“rimangono’” gli altri investitori privati nel Paese, i 550 milioni dell’’High Tech Grunterfonds e anche i 750 milioni ’€ (in 3 fondi da 250 milioni ciascuno) a disposizione della Kfw, banca pubblica tedesca, come la nostrana Cassa Depositi e Prestiti, che coinveste sui secondi round non come lead investor e fa la sua due diligence non sulla target ma sul coinvestitore privato.

Per non parlare del fondo di coinvestimento con gli angel (European Angels Fund, cofinanziato dal Fei) che coinveste pari passo con gli angel tedeschi una somma di 70 milioni ’€. 

Insomma da quelle parti fanno le cose sul serio, sono dietro l’’angolo, non in California, un po’’ di concorrenza iniziano a farla e si sente sul deal fl ow italiano. Per andare a Berlino non c’’è bisogno di lunghe trafi le per ottenere visti, si prende un volo low cost e in due ore ci si arriva.

Le carte le stanno spaiando sul mercato gli imprenditori, giovani e meno giovani, che hanno capito che se trovano la giusta opportunità rimangono, altrimenti fanno le valige e vanno via.

È importante trovare un ecosistema connesso, che fa rete ed ha massa critica, dove gli operatori collaborano, dove ci sono competenze, servizi di supporto e soldi, tanti, il più possibile.

Fino a qualche tempo fa in Italia gli operatori dell’’early stage investment operavano in un mercato meno competitivo. Ora le regole del gioco stanno cambiando e anche noi operatori nostrani dobbiamo saper cogliere il cambiamento e reagire rilanciando.

Dobbiamo essere più veloci e più connessi internazionalmente se vogliamo intercettare i migliori deal, magari incontrando l’’imprenditore italiano che ha basato la sua startup a Londra o investendo su un team internazionale che attrae talento in Italia ma ha una base anche in un hub estero.

Il mercato di domanda e offerta di capitali ha sempre meno barriere. Per questo motivo anche i governi di tutto il mondo stanno cercando di influenzare il mercato attraendo startup e investitori.

Il passo fatto dal Governo Italiano con quest’’ultimo decreto sviluppo è stato epocale nel mettere per la prima volta in agenda il nostro settore e nel farlo in modo appropriato. Purtroppo però la concorrenza è fortissima.

Dietro l’’angolo abbiamo, oltre al caso tedesco, Francia e Uk che da anni hanno messo in atto una politica molto aggressiva per stimolare l’’investimento di capitali privati con cifre attorno al miliardo all’’anno. 

Ed è notizia dell’’ultim’’ora l’’incentivo fi scale del 75% per investimenti dei privati in startup da parte del governo turco. Dobbiamo riuscire ad essere comparabili con questi numeri, con i 50-100 milioni di un possibile fondo di fondi si va da poche parti.

Speriamo che questo sia solo il primo passo e che le risorse messe in gioco siano di altra scala in un futuro prossimo. Gli imprenditori italiani stanno già dimostrando di poter competere a livello internazionale.

Spero che riusciranno a dimostrarlo sempre più anche gli altri operatori italiani del settore, magari finalmente aiutati a livello sistemico a far decollare il mercato.

Lorenzo Franchini

co-founder & managing director
Italian Angels for Growth
 

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