Il patto

Martedì 27 ottobre è stato presentato ufficialmente a Milano il nuovo portale “Compriamo Italiano”: un’iniziativa volta a promuovere, soprattutto sui mercati internazionali, le eccellenze della produzione nazionale nei più disparati comparti merceologici.

Una bella idea, senza dubbio, ed un contributo a far evolvere la cultura di imprenditori e consumatori verso un atteggiamento più responsabile. Se un’analoga iniziativa, con la medesima denominazione, ma naturalmente basata sulle tecnologie e le metodiche operative allora disponibili, fosse stata presentata dieci anni orsono, probabilmente avrebbe suscitato qualche perplessità e, forse, addirittura qualche accusa di sciovinismo, un sentimento da sempre estraneo alla nostra cultura.

Noi italiani infatti abbiamo sempre avuto, rispetto alle modalità di consumo, un atteggiamento molto aperto, molto “liberal”, addirittura con qualche deriva esterofila. Oggi invece, complice la difficile congiuntura economica, si va lentamente diffondendo, a livello di opinione pubblica, la convinzione che l’uscita dal tunnel passi necessariamente per uno sforzo comune, che veda fianco a fianco consumatori ed operatori economici, uniti in un impegno volto a ridare vigore al nostro sistema produttivo, adottando, i primi, uno stile di consumo che presupponga un’attenta valutazione del rapporto costo-beneficio delle proposte commerciali, e gli altri, i produttori, orientandosi alla ricerca della qualità e, se possibile, al perseguimento dell’eccellenza.

Molte imprese italiane, medie e piccole soprattutto, nei decenni scorsi, hanno prosperato proponendo il prezzo come punto di forza discriminante della propria offerta, con qualche inevitabile e non marginale rinuncia sul piano della qualità.

Oggi tale scelta, qualora fosse confermata, si rivelerebbe perdente su tutta la linea. Altri sistemi produttivi, le economie emergenti in particolare, per molti anni ancora saranno in condizione di essere, su tale terreno, estremamente più agguerriti e competitivi.

Viceversa se le nostre imprese si sforzeranno di mettere a frutto alcune caratteristiche peculiari della nostra gente, spesso decantate a parole, ma scarsamente sostenute in modo tangibile, quali inventiva, creatività, duttilità, potremmo, tutti insieme, fare della marcatura “Made in Italy” un sinonimo di eccellenza su tutti mercati del mondo, non solo nei settori dove questo avviene da anni (la moda, il design per l’arredamento, l’industria del lusso, il tipico agroalimentare…), ma a beneficio dell’intera e variegata offerta di beni materiali ed immateriali che le nostre imprese sono in grado di proporre al mercato globale.

Per questo sarebbe auspicabile una sorta di patto non scritto tra domanda e offerta, che possa indurre, dal lato del consumo, ad un progressivo abbandono della ricerca acritica e forsennata del miglior prezzo a prescindere dal valore oggettivo del bene o del servizio e, di contro, sul fronte della produzione, ad un impegno serio e costante nel perseguimento di standard qualitativi molto più elevati.

Si tratterebbe, in altre parole, di un’assunzione di responsabilità collettiva capace, a mio giudizio, di indurre un miglioramento sostanziale della competitività del sistema Paese. Con indubbi e tangibili benefici per le nostre famiglie e le nostre aziende.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it
 

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