CHE FINE HAN FATTO I BEI LIBRI FOTOGRAFICI?

Guido Alberto Rossi, fotografo di spessore ed esperienza internazionale, mi ha raccontato, con nostalgia e con la sua consueta ironia, l’epoca d’oro dei libri fotografici: “Fino a qualche anno fa per un fotografo fare un libro fotografico era un buon business, non tanto per le royalty o l’assegno dell’editore, ma perché un buon libro, se ben pubblicizzato, ti avrebbe portato immediatamente altro lavoro. Ovviamente era un affare anche per l’editore, che sappiano essere figura particolarmente attenta al portafoglio che non stampa neanche una pagina se non crede di farci un lauto guadagno. Era un buon guadagno anche per gli stampatori, specialmente quelli che riuscivano a produrre quei mega libri illustrati, da cinque chili, che banche ed assicurazioni regalavano ai clienti per fine anno e che prevalentemente trattavano argomenti noiosissimi, erano poco maneggevoli per le loro dimensioni, ma utili come ferma porte. Fino a pochi anni fa, nelle vetrine delle librerie, per Natale, trovavi una quindicina di nuovi titoli di “coffe table books” (tradotto: serve un tavolo dedicato dove metterli) con i più disparati soggetti. Fra i più venduti erano quelli su mare e montagna, poi quelli su fiori, cucina, natura e viaggi. Se dovevi fare un regalo last minute o una sorpresa all’amico/a che ha già tutto, l’ultimo libro fotografico sui suoi hobby sarebbe stato sempre una scelta azzeccata. Poi misteriosamente avvenne che quei libri non vendevano più. A poco a poco sono scomparsi dalle vetrine. I titoli nuovi ora si contano su poche dita e banche e assicurazioni hanno smesso di regalarli, pensando di fare cosa gradita sostituendoli con bottiglie di simil vino dall’etichetta regale. Se prima, in Italia c’erano poco più di dieci editori che pubblicavano questi volumi, oggi molti hanno chiuso i battenti e quelli rimasti sono restii a rischiare di produrre un volume se non hanno chi lo finanzia. Molti di questi libri ormai sono pagati dai fotografi stessi, che sperano di rifarsi con le vendite “porta a porta”. Pochissimi sono fatti da bravi e noti fotografi e comunque sempre con un committente pagante e comunque solo per un suo scopo. Conosco molti pessimi fotografi “Kaprazucca” che si son venduti l’appartamento, lasciato dallo zio ricco, per inseguire la gloria di produrre un libro fotografico pessimo. Conosco anche un paio di stampatori che vivevano felici facendo modesti cataloghi e che volendo scimmiottare i grandi editori, hanno realizzato con il fotografo amico della suocera, chili di brutti libri che gli hanno procurato il doversi vendere lo stabilimento e la casa per pagare i debiti. Altri fotografi pensano che vendere via internet sia una possibilità di guadagno: vero, basta riuscire a vendere a diecimila compratori. Personalmente, negli anni d’oro, ho fatto 36 libri fotografici tutti ben pagati con vari editori. Poi un giorno, al supermercato, incontro un vecchio amico che non vedevo da anni e che nel frattempo è diventato direttore editoriale di un grande gruppo… e mi propone di fare un libro fotografico per i miei 50 anni di carriera: stupendo! Penso ad un’idea, seleziono un centinaio d’immagini e lo vado a trovare pochi giorni dopo. Mi riceve in pompa magna, mi presenta il direttore finanziario, trovano stupenda la mia idea e mi fanno vedere un gran piano editoriale, distribuzione internazionale… il tutto alla modica cifra di 60.000,00 Euro, pagabili anche in 90 giorni, e mi avrebbero pagato royalty sulle vendite con conteggio annuale… In qualche anno, rientravo dei costi e, se vendevo circa centomila copie, avrei anche guadagnato bene. Peccato che non ho centomila fans disposti a comprarmi il libro, non ho i soldi richiesti e soprattutto non ho tatuato Kaprazucca sulla fronte.”

Pietro Greppi

ethical advisor e fondatore di Scarp de tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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