NON SAI DIRLO? DILLO IN INGLESE …

Da tempo osservo (non sono il solo) l’influenza della lingua inglese su quella italiana. La percepisco come un atto lento, costante e sistematico che qualcuno arriva a chiamare, forse esagerando,  “genocidio linguistico – culturale italiano”. Usando termini meno tragici anch’io nutro però la stessa preoccupazione. La cosa è sotto gli occhi di tutti e ciononostante passa sottotraccia, sebbene risulti evidente quella che di fatto possiamo almeno chiamare anglo–interferenza che si esprime nei linguaggi della politica, dello spettacolo, delle istituzioni e, naturalmente, della pubblicità. Usare termini inglesi pare ormai diventato inevitabile. Qualcuno li ritiene affascinanti. Altri li giustificano come semplici scorciatoie per esprimere concetti che, altrimenti, richiederebbero un’“eccessiva” quantità di parole italiane. Altri ancora li utilizzano per motivi analoghi a quelli di chi intercala i suoi discorsi con citazioni latine, per darsi cioè un tono o anche solo per pigrizia o… chissà perché. Quello che accade conseguentemente a questo “consegnarsi all’inglese” è una cosa molto seria e tuttavia troppo poco osservata nei suoi risvolti collaterali negativi. Sto seguendo da tempo le ricerche e le analisi di enti, fra i più diversi, che su questo tema e in vario modo ne osservano cause ed effetti. In particolare mi sono soffermato su quanto evidenziato da un’associazione che opera, tra varie tematiche sociali, anche nel campo dei diritti dell’uomo. Andando a spulciare fra i loro documenti, messimi a suo tempo in evidenza dal suo presidente, ho trovato alcune osservazioni interessanti fatte già nel 2013. Per esempio, in seguito al monitoraggio delle principali emittenti televisive italiane realizzato nell’ambito di “Italianiadi” (Progetto finanziato dal Servizio Civile Nazionale) hanno verificato che: “… il monitoraggio dei palinsesti delle reti Rai, Mediaset, Sky e La7, effettuato nel mese di aprile 2013, fa emergere il loro ruolo contritaliano, contreuropeo e unicamente filoangloamericano del sistema televisivo italiano. I registi anglo-americani che hanno avuto la fortuna di vedere i propri prodotti artistici in onda in prima serata, sono stati 332, mentre i registi italiani che hanno avuto l’opportunità di sfruttare il mezzo televisivo sono stati praticamente un terzo, 122. I più sfortunati sono stati coloro che appartengono a quelle che potremmo definire “culture altre”, comprendenti anche le europee, che arrivano fino a 79. Sono 3.915 gli attori anglo-americani che, anche collaborando a produzioni straniere, sono sbarcati nelle nostre case attraverso gli schermi tv ed entrati nell’immaginario delle nostre menti. Meno della metà, 1.833, gli italiani e 687 gli altri. Se fossero stati trasmessi tutti nelle loro lingue originali, avremmo sentito i suoni inglesi ripetersi per ben 339 volte, invece la lingua italiana sarebbe risuonata in 104 occasioni, le lingue “altre” solo 48. La televisione del Bel Paese privilegia i prodotti stranieri ed in particolare quelli della lontana Hollywood. Meno spazio viene dedicato alle pellicole di produzione nostrana che occupano un magrissimo 22,8% degli spazi disponibili. Poca visibilità resta alle altre produzioni, tra cui quelle dei nostri cugini europei”. Dati che dovrebbero far riflettere, soprattutto perché “… all’interno dell’Unione Europea, accade che, alla faccia dei trattati in cui si afferma che le lingue ufficiali sono quelle di tutti i popoli degli Stati membri, esiste di fatto il predominio assoluto di una sola di queste, l’inglese, e la perdita di dominio dell’italiano in Italia. Senza contare che la colonizzazione inglese dell’Italia ci costa oltre 60 miliardi di euro l’anno, ossia 26 volte quei 2,3 miliardi di euro erogati in 17 anni ai partiti dal 1994 al 2011. Cifra che, in tempi di crisi come questi, potrebbe senza dubbio essere spesa in modo molto più proficuo, a cura delle Istituzioni, per invertire la rotta fin qui seguita, in primis il MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca), che anziché tenere un atteggiamento di chiusura nei confronti delle attività di promozione della lingua italiana in patria e all’estero, dovrebbe occuparsi della sua promozione e difesa, smettendola di collaborare a quel genocidio linguistico e culturale degli italiani in favore della penetrazione ormai imperante della lingua di qualcun altro”. “Altro” che nello specifico ha dato luogo alla Brexit.

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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