LÌ, FUORI DAL RECINTO…

Le abitudini possiamo distinguerle in due diverse categorie: consapevoli e indotte. Quando ti abitui a qualcosa, non ti accorgi che ci sei abituato, almeno fino a quando un evento o qualcuno ti costringe o, meglio, ti convince a cambiare. L’abitudine può senza dubbio essere vissuta come una comodità, perché se fai sempre le stesse cose non serve che ti affatichi a pensarne altre. Ma è su questo che il sistema in cui viviamo lavora intensamente,  facendoci anche parecchio affidamento: se la pubblicità riesce ad abituarti a vedere le cose in un certo modo, riesce anche a farti comprare sempre certe cose… che è poi il suo obiettivo. Se i commenti e le notizie che ti arrivano, arrivano sempre dalle stesse persone, se non hai uno spirito critico allenato, ad un certo punto non ti accorgi neppure che i pensieri che tali informazioni ti inducono, ti rendono anche schiavo delle convenzioni. Fai quello che è previsto che tu faccia pensando di essere libero. Pensi di scegliere, credi di farlo, perché le tue preferenze si esprimono su una rosa prestabilita da altri che, in qualche modo, hai scelto di seguire dandogli così, senza neppure rendertene conto, un potere su di te… per abitudine, stanchezza, inedia… Ed è così che ciò che ti accade deriva del fatto che non hai speso del tempo per cercare alternative a ciò che ti viene messo a disposizione. Non hai usato il tuo “libero arbitrio” perché nel tempo ti sei convinto (ti hanno convinto) che in fondo non conviene. L’abitudine diventa così anche pericolosa, perché ti toglie la capacità di reagire al nuovo, all’inaspettato. L’abitudine annulla lo spirito critico. Per uscire dalla gabbia dell’abitudine è necessario mantenere allenata la capacità di criticare analizzando e argomentando, di scegliere e di cercare soprattutto altrove rispetto a quanto suggerito come comodità… Il mondo dello spettacolo, dell’intrattenimento e dell’informazione televisivi (e di conseguenza anche quello della pubblicità che contemporaneamente se ne nutre e li alimenta) per esempio, hanno da tempo consolidato un modello, stabilendo (per comodità) di mostrare sempre le stesse persone conformate o predisposte ad esserlo, costringendo conseguentemente il pubblico a vivere immerso in determinate abitudini. Anche se i canali e i luoghi disponibili sono ormai molti, non si fa più caso al fatto che conduttori, ospiti, artisti, politici, giornalisti… e format… sono sempre gli stessi. Soprattutto in TV che, volenti o nolenti, resta sempre il media più potentemente presente. Ogni tanto una rotazione, un rimescolamento, uno scambio fra contenitori a suon di compensi… ma le persone sono sempre le stesse. Non è un caso quindi se ogni tanto (sempre più spesso) quei personaggi li ritrovi anche in qualche pubblicità a completare il cerchio magico in cui tutto avviene a dispetto delle possibili, infinite alternative. Accade tutto come se un intero Paese dipendesse solo dai pareri e dalle scelte di “quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due” (questo è dedicato a chi nel ‘68 vedeva lo Zecchino d’oro). Accade perché chi decide e chi trasmette i contenuti che vediamo e ascoltiamo, non ama evidentemente pensare troppo e trova più facile e meno impegnativo, se non addirittura più conveniente, far suonare sempre e solo le campane di cui già si conoscono le note. Con tutte queste facce ormai familiari potremmo completare un album di figurine dal titolo IL RECINTO, perché sembrano vivere appunto in un recinto dove nascono, crescono e -fateci caso- si accoppiano spesso fra di loro. Lì fuori, fuori da quel recinto, ci sono però migliaia di persone interessanti, con idee straordinarie, pensieri liberi, proposte alternative e intelligenti, progetti innovativi, capacità straordinarie… Lì fuori, fuori da quel recinto, potrebbe esserci la salvezza dal deleterio appiattimento culturale contro il quale per ora troppo pochi si attivano. Per ritrovare più facilmente la consapevolezza di sé e delle proprie qualità distintive basterebbe allora spegnere la tv. Ma dovremmo farlo in molti. Quei pochi che conosco che lo fanno, hanno già notato che i loro figli (quelli più piccoli soprattutto) hanno sviluppato interessi, capacità intellettuali e manuali che i loro “coetanei tv/internet dipendenti” non sono in grado di comprendere o fare… per abitudine.

Pietro Greppi

Consulente per la comunicazione etica e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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