E COME NIENTE FOSSE … SI RICOMINCIA

Qualche mese di serie condizioni di riflessione forzata in ogni settore non sembrano aver portato sufficienti stimoli al cambiamento. Gli inviti alla cautela vengono vissuti come costrizioni. Gli avvertimenti come messaggi noiosi. Il mantra più gettonato in questi mesi era “L’importante è andare in vacanza e mantenere in vacanza anche il cervello”. E il mondo della pubblicità?

Nessuna seria riflessione da cui sia poi derivata una conseguente, coerente, riscattante e costante attività rispetto al precedente vuoto di un sistema rivolto sempre a quell’idea di consumo confusa con la crescita. Che, se permettete, non è la stessa cosa.

Nulla che perlomeno possa indurre a pensare che ci sia la presa di coscienza e la volontà di formulare approcci nuovi e più adeguati alle sensibilità emerse in questo periodo.

Nulla che faccia percepire che le scelte, le sensibilità e gli investimenti, necessari anche prima del Covid, si sia scelto di attivarli convintamente. A sprazzi qualcosa è accaduto, pochi momenti di lucidità attraversati anche da non poche vergognose azioni di strumentalizzazione o, peggio, di speculazione. E l’agognata ripresa, se di ripresa si tratta, si manifesta ancora nelle forme e nei modi di sempre. Il senso del business sembra avere più argomenti di quelli legati al senso della tutela della salute e della convivenza basata su attività semplici.

Una condizione come quella appena affrontata e non ancora superata, ha lasciato immutata l’idea che bisogna assolutamente andare in vacanza e soprattutto fatturare … e l’unico modo per farlo pare essere quello conosciuto: spingere a spendere commissionando spot ai creativi o dando la paghetta a condizione che la spendi dove vuole “il papà”.

Ma tornando al mondo della pubblicità -che tanto potrebbe fare e non fa- e a quanto sta accadendo anche in questa ripresa di stagione, a guardar bene si nota quanto sia difficile, per questo comparto, cambiare le proprie skill anche solo per elaborare un pensiero un po’ più complesso della sit-com, della poesia d’effetto o del balletto con in mano un prodotto, quale che sia il prodotto e quale che sia il contesto.

Ed è forse proprio nel termine skill, grandemente abusato fra i percettori di reddito da impiego creativo e markettaro, che si celano le cause della scarsa attitudine al cambiamento. Quel termine, provenendo da una cultura esterna alla nostra, non pare sia sufficientemente considerato nel suo significato preciso. Skill, a differenza delle abilità innate e diverse per ognuno, riguarda infatti un’abilità acquisita o imparata. Significa più precisamente e molto semplicemente che se hai imparato a fare una cosa, quella sai fare … e ci mancherebbe. Ma l’inciampo avviene quando la società si orienta a definire quell’abilità dandole un ruolo eccessivamente rilevante, suggerendo alla propria platea che quello è lo skill (la skill?) che va in quel momento. Competenze insomma che diventano mode da seguire quasi acriticamente. E si ripetono così gli errori fatti anche dalla scuola che sforna laureati in discipline sature e inadatte al contesto contingente.

Alcune scintille di cambiamento ci sono, ma talmente flebili e rarefatte che non fai in tempo ad accorgertene … la scena è sempre di chi spende, purtroppo male, importanti risorse per dire banalità e confezionare immagini artificiali di mondi inesistenti. Ma la cosa più gravemente evidente e oggettivamente disturbante che torna a ripetersi con sfacciata arroganza, è l’inopportunità del clamore che il settore della comunicazione regala alle conquiste di budget affidati da aziende che contestualmente licenziano e spostano la produzione. Situazioni che fanno riflettere sulla mancata opportunità da parte del mondo della pubblicità di adoperarsi per suggerire ai loro clienti attività e scelte per riscattarsi da situazioni oggettivamente imbarazzanti e a rischio di perdita del consenso rappresentato dalle vendite.

Con che faccia promuovi il benessere derivante da un elettrodomestico se hai appena creato in decine di famiglie una condizione contraria al significato di benessere? Di che skill stiamo parlando?

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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