Ripartire al femminile

Con questo articolo di Valeria Del Vicario, prosegue “Ripartire al femminile”, serie di riflessioni dedicata all’approfondimento del dopo emergenza dal punto di vista delle donne. Ovvero quelle che, secondo molti, sono le grandi dimenticate dell’emergenza Covid, che in realtà le ha viste protagoniste assolute sul lavoro e sul fronte domestico.

Valeria Del Vicario, direttore Comunicazione e Customer Care di Media Consultants, Milano, Lombardia

Ripartire …. ha un bel suono questa parola, di speranza, di sguardo al futuro.

Questi ultimi 3 mesi sono stati difficili e drammatici per tutti, siamo stati privati di molto e abbiamo rinunciato a molto per poter affrontare la pandemia, ma finalmente questo continuo impegno sembra stia dando i risultati sperati.

Eh si, è proprio ora di ripartire, ma facciamolo ricordandoci cosa abbiamo vissuto e quanti lutti ci sono passati davanti, ma anche cosa abbiamo imparato. Improvvisamente ci siamo trovati fermi, senza tante cose che avevamo nel quotidiano, abbiamo imparato a fare le file, ordinati ed educati, abbiamo imparato a muoverci di meno e quindi a inquinare di meno, abbiamo imparato a goderci i momenti in famiglia senza stress e ritmi serrati, abbiamo imparato ad apprezzare le cose più semplici e scontate.

Come la maggior parte delle aziende del terziario anche Media Consultants ha adottato subito lo smart working, e puff… di punto in bianco 45 persone si sono organizzate in casa a svolgere il proprio lavoro, alcuni con le loro attrezzature, portatili e cellulari, perché non eravamo organizzati per tutti. E qui è scattata la solidarietà che ci contraddistingue da sempre. Video call continue per starci vicini un po’ tutti, soprattutto a chi vive da solo. Dove mancavano strumenti di lavoro sono stati forniti.  Le mamme con bambini hanno potuto godere di tutta l’elasticità di cui avevano bisogno per conciliare gli impegni di lavoro con le esigenze dei piccoli in casa. Siamo un’azienda fatta prima di tutto di persone, siamo una grande famiglia, che opera dal 1976.

All’inizio l’idea di stare tutti i giorni “chiusa in casa” con due figlie adolescenti mi ha creato un po’ di panico; sono una donna di comunicazione io, mi piace socializzare, stare in mezzo alle persone, interagire, organizzare. E invece tutte e tre ci siamo coordinate e rispettate per tutto il lockdown senza problemi, ognuna con i suoi spazi e i suoi impegni di lavoro e studio, in un’armonia che abbiamo scoperto di avere in quella situazione.

Non nego di aver avuto paura qualche volta, insonnia e stati d’ansia. La responsabilità di mandare avanti la baracca e di essere il punto di riferimento di due ragazze con quello che succedeva intorno a noi si faceva sentire. Ma alla fine siamo cresciute molto, tutte e tre, siamo diventate più forti e ancora più coese.

Allora alle mie figlie dico: chiediamoci a che punto eravamo quando è scoppiato tutto questo pandemonio? Cosa abbiamo lasciato in sospeso? Cosa possiamo migliorare? Proprio da lì si deve partire per capire cosa si deve cambiare oggi. Come eravamo e come saremo. Guardare indietro ci servirà ad andare avanti meglio.     

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