Covid-19: la pubblicità è troppo leggera? No, va bene così

Dalla collaborazione tra Conic e Hokuto è nata la ricerca focalizzata sugli Italiani e il loro rapporto con la pubblicità ai tempi del Covid-19. La maggioranza degli intervistati, nemmeno ora, chiede alla pubblicità di tradire il proprio tono di voce. Solo una componente del campione segnala qualche disagio, a volte generico, a volte derivante da specifiche modalità di rappresentazione della realtà, troppo distoniche rispetto al nostro attuale e inedito stile di vita. «Si tratta degli “infastiditi” – come sottolinea Simone De Battisti, fondatore di Hokuto – uno dei tre gruppi che abbiamo individuato. Esistono, hanno un profilo preciso e ci dicono chiaramente che cosa si aspettano dalle aziende e dai loro brand». La ricerca Conic/Hokuto conferma che, anche in quarantena, il mondo della tv appare agli italiani come un’ipersfera in cui la dimensione ludico-gioiosa dello spot, con qualche doverosa attenzione in più, può convivere con quella dei bollettini di guerra che arrivano ogni giorno dal fronte del Coronavirus. «Lo sguardo leggero della pubblicità – ha spiegato l’ad di Conic, Alberto De Martini – e il suo eterno sorriso non sembrano rappresentare una provocazione, o una mancanza di sensibilità. Semmai un momento di svago accettabile e perfino gradito».

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