Data (R)evolution Assocom: prevista una chiusura del 2015 con +1,2% di investimenti nei paid media

Una crescita del 1,2% degli investimenti pubblicitari nei mezzi a pagamento: questa è la previsione del Centro Studi Assocom per la chiusura 2015, presentata ieri in occasione del consueto appuntamento “Comunicare Domani”. Ma lo sviluppo dei prossimi anni sarà di una comunicazione sempre più “data driven”, in tutte le discipline: media, creatività, pr, insight development. «Il 2015 registra una seppur timida crescita del sistema paese, con un incremento del Pil pari allo 0,7% sull’anno scorso: questo si traduce in ottimismo anche per il comparto della comunicazione – ha affermato Guido Surci, chief strategy & innovation officer Havas Media Group e presidente Centro Studi Assocom. – Un mondo che negli ultimi anni ha visto infinite novità e non ha più nei mezzi “paid” l’unico sbocco delle nuove risorse economiche che le aziende investiranno in advertising. La nostra stima del +1,2% di crescita degli investimenti nei paid media per il 2015 rappresenta la ripresa solo in modo marginale, a differenza di quanto avvenuto nelle riprese del 2010 e del 2003. Allungando lo sguardo oltre la contingenza del 2015 infatti, quello che vediamo è una direttrice di sviluppo importante in quel complesso e variegato mondo che è la comunicazione data driven».

Qual è la situazione degli investimenti pubblicitari in questo momento? Secondo le elaborazioni del Centro Studi Assocom, il 51,1% del mercato continua a essere detenuto dalla televisione, per un valore di 3,626 milioni di euro. Segue il web con il 23,3% del mercato pari a 1.653 milioni, la carta stampata con il 14% pari a 990 milioni, la radio con il 6,1% pari a 430 milioni, l’out of home con il 5,2% che corrisponde a 369 milioni ed infine il cinema con lo 0,3% che vale 24 milioni di euro. Al di là dei valori assoluti, è interessante verificare la crescita dei diversi mezzi rispetto all’anno scorso. La più significativa si registra, come ormai da tempo, per il web, che incrementa la sua quota del 7,2%, seguito dalla radio (+3,2%) e dall’out of home (+3,1%) mentre la tv, che mantiene il primato in termini di valore, ha una crescita pari solo allo 0,3% mentre registrano un calo il cinema (–4,3%) e soprattutto la stampa (–6,4%).

Ma cosa significa digital? I 1.653 milioni di euro investiti sul web si distribuiscono in search advertising (33%), display advertising (28%), video advertising (19%), social (10%) e classified, directories, e-mail marketing (10%). Ed il trend prefigura una crescita molto significativa del video advertising (+18,2%) e dei social (+16,3%) seguiti da search advertising (+4,1%), classified e directories (+2,9%) e display advertising (+1,8%). «Nella digital economy sono i dati ad alimentare la capacità delle aziende di creare nuovi prodotti e servizi. La proliferazione di canali social, dispositivi mobili e tecnologie basate su sensori, in combinazione con lo scorporo dei dati dalle applicazioni, crea nuove opportunità grazie alle quali le realtà più innovative possono ottenere un vantaggio competitivo dall’impiego dei dati – ha sottolineato Giovanni Ravasio, applications country leader di Oracle Italia. – Un tempo limitate ai soli dati interni, oggi le aziende possono ricavare preziose indicazioni aggiungendo ulteriori fonti di dati esterne per migliorare la customer experience e l’efficienza operativa. In questo contesto i player del mercato della comunicazione rappresentano una guida strategica per i cmo nel processo di trasformazione digitale. C’è una battaglia in corso per il market share, e come player principali emergeranno le aziende in grado acquisire nuove competenze e guidare i decision maker ad affrontare le sfide dettate dalle nuove dinamiche di mercato».

 

Elena Pescucci

 

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