La Casalinga di Voghera

Diceva il Cliente all’Agenzia: “La nostra pubblicità deve essere innanzitutto semplice, chiara, senza ghirigori intellettualistici. La deve capire anche la casalinga di Voghera!”.

Con questa espressione idiomatica “Casalinga di Voghera”, il pragmatico imprenditore padano intendeva certamente riferirsi a quella fascia della popolazione italiana, piccolo borghese, dal basso livello di istruzione, che esercitava un lavoro semplice e dequalificato, incapace di decodificare termini come “scrutinio” e “ortodosso”.

L’espressione, della cui paternità esistono attribuzioni contrastanti, entrò nel lessico del marketing e del giornalismo verso la fine degli anni Sessanta ed è stata utilizzata per un periodo di tempo molto lungo, finché, con il sopraggiungere di altri stereotipi di status socio-culturale, si è smesso di citarla.

E’ finita nel dimenticatoio, come tanti altri protagonisti degli anni del boom economico, ma non è morta. La casalinga di Voghera è viva, piena di acciacchi, ma viva: con il suo basso livello di istruzione, la sua educazione piccolo-borghese e la pensione (minima) che le spetta per aver svolto lavori semplici e dequalificati.

Con un minimo sforzo possiamo immaginarla nel suo tinello, scrupolosamente tirato a lucido, intenta ad assistere all’ennesima telenovela della giornata trasmessa da un canale generalista. Non stacca mai gli occhi dal televisore, neppure quando passano gli spot pubblicitari.

Un break ogni dieci minuti. La casalinga di Voghera li guarda tutti distrattamente, con il sospetto non tanto vago che tutte quelle “reclame” per smartphone, tablet e clouds siano state realizzate per un target composto da persone molto diverse da lei.

Forse rimpiange i tempi della tanto vituperata “rincorsa al consumismo”, quando le testimoni della pubblicità erano giovani donne estasiate di fronte ad un nuovo modello di lavastoviglie, di frullatore o di macinacaffé.

Ed è anche possibile che, nel torpore del dopopranzo trascorso davanti alla televisione, alla casalinga di Voghera venga da chiedersi come mai la maggior parte dei produttori di quei beni di consumo che lei annota quotidianamente nella sua lista della spesa abbiano rinunciato a farsi concorrenza utilizzando la pubblicità.

Perché a lei, nonostante sia tenuta a fare i conti con un borsellino sempre più avaro, piacerebbe non essere costretta a scegliere un prodotto solo in base al prezzo stampato sui volantoni della grande distribuzione.

Le piacerebbe essere ancora lei la destinataria di una pubblicità accattivante, capace di farle percepire il marchio dell’azienda produttrice come una presenza familiare e rassicurante.

Forse è questo il motivo per cui, quando sul teleschermo compare lo spot con Antonio Banderas nei panni del prestante mugnaio, la casalinga di Voghera prende carta e matita e si affretta a scrivere: “Comprare i biscotti”.

Bruno Zerbini

brunozerbini23@gmail.com

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