Svendita totale e mancanza di autorizzazione amministrativa: la pronuncia della Corte Europea

La Corte Europea si è di recente pronunciata in materia di vendite di liquidazione ed in articolare di una svendita totale pubblicizzata in assenza dell’autorizzazione amministrativa, prevista nel distretto austriaco nel quale operava l’interessato per le vendite di liquidazione. Si tratta della sentenza del 17 gennaio 2013, nella causa C-206/11.

L’imprenditore austriaco in questione aveva annunciato in un’inserzione la “svendita totale” della merce presente nel suo negozio, in prossimità del quale aveva posto anche pannelli pubblicitari ed adesivi in cui, oltre alla dicitura “svendita totale”, venivano altresì utilizzate le formule “fuori tutto” e “sconti fi no al 90%”.

Tutto questo avveniva senza che l’imprenditore avesse ottenuto previamente l’autorizzazione amministrativa, cosa che, secondo la normativa austriaca, avrebbe reso il suo omportamento illegittimo.

La Corte Europea si è domandata preliminarmente se l’annuncio di una vendita di liquidazione costituisca una pratica commerciale ai sensi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali ed ha ri sposto positivamente.

Infatti, rientra nella nozione di pratica commerciale “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.

Quindi la vendita di merci ai consumatori a prezzi vantaggiosi, che si inserisce nel contesto di una strategia commerciale di un operatore ed è rivolta alla promozione ad alla vendita di tali merci, costituisce senz’altro una pratica commerciale.

La direttiva sulle pratiche sleali tutela direttamente gli interessi economici dei consumatori contro le pratiche lesive di tali interessi e l’annuncio di una vendita di liquidazione costituisce una pratica commerciale alla quale è applicabile la direttiva finalizzata alla tutela dei consumatori.

La Corte Europea si è quindi domandata se la direttiva osti ad una normativa nazionale, quale quella austriaca, che vieta una pratica commerciale che non sia stata autorizzata.

Nell’allegato I alla direttiva sono state individuate le pratiche che sono in ogni caso considerate sleali, nell’elenco delle quali l’annuncio di una vendita di liquidazione realizzato da un professionista che non dispone di autorizzazione non rientra, neppure ad un esame approfondito dell’elenco e delle varie fattispecie ivi previste.

Quindi tale comportamento non può essere considerato, in quanto tale, sleale in ogni caso. La direttiva lascia alla discrezionalità degli Stati membri la scelta delle misure nazionali atte a combattere le pratiche commerciali sleali, purché esse siano adeguate ed effi caci e le sanzioni previste siano, a loro volta, effi caci, proporzionate e dissuasive.

Poiché il controllo preventivo può essere più effi cace di quello eseguito ex post, che conduce ad un ordine di cessazione di una pratica commerciale già attuata o imminente, potrebbe essere previsto, dagli Stati membri, un regime di preventiva autorizzazione, ma le misure nazionali non possono vietare una pratica commerciale per il solo fatto che tale pratica non è stata preventivamente autorizzata dall’amministrazione competente, senza che sia ottoposta ad una valutazione nel caso specifi co del suo carattere sleale.

La Corte Europea ha, ertanto, ritenuto che non possa essere vietata tout court una pratica commerciale che non rientri nell’allegato I della direttiva, ossia che non sia considerata sleale di per sé, per il solo fatto che tale pratica non sia stata preventivamente autorizzata dall’amministrazione competente, senza procedere a valutare in concreto il carattere sleale di tale pratica. 

Fiammetta Malagoli

malagoli@studiolegalemalagoli.it

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