L’e-commerce alletta il lusso

È sempre più e-commerce per le aziende del lusso. Infatti se nel 2008, secondo uno studio di Forrester & Walpole, solo un marchio di lusso su tre disponeva di un e-shop online oggi i numeri dello shopping on line di alata gamma sono ben altri.

Dai dati emersi dall’ultimo osservatorio IstantLuxe.com il 71% dei consumatori elettronici ha già acquistato un articolo di lusso online e il 50% di loro compra da 1 a 3 prodotti di lusso all’anno.

L’ostacolo che devono superare i marchi del lusso quando decidono di aprirsi all’e-commerce è quello della trasmissione delle sensazioni di unicità e distinzione che caratterizzano gli acquisti fatti in boutique dove il cliente viene coccolato, in un ambiente sofi sticato, da commessi premurosi e attenti.

Questo distinguo ha portato Chanel, che on line vende profumi e cosmetici, ad accantonare l’ipotesi dell’e-commerce per le collezioni di abbigliamento perché, come ha detto Bruno Pavlovsky, direttore moda della maison “I nostri abiti sono molto sofi sticati.

Uno dei nostri punti di forza sono gli aggiustamenti sul corpo, necessariamente fatti dai sarti nei camerini”. Questa scelta si è rivelata controcorrente rispetto a numerosi altri player del lusso. Infatti, a partire dal colosso della distribuzione di alta gamma Marks & Spencer, che genera on line quasi 600milioni di sterline, hanno aperto le web-boutique marchi del calibro di Ballin, Moncler, Tommy Hilfi ger, Bottega Veneta e Ferrari.

Certo per mantenere il loro allure anche sul democraticissimo web le maison hanno dovuto inventarsi dei privilegi anche per i loro cyber-clienti. Così, solo online, Louis Vuitton propone un servizio di personalizzazione delle borse mentre Hermes assicura la consegna in tre ore tramite corriere e Cartier regala un packaging esclusivo.

Quindi per ottenere su Internet dei risultati soddisfacenti le imprese del lusso devono abituarsi a un nuovo modo di vedere la distribuzione e a usare un linguaggio di marketing più innovativo. Non si può più nemmeno immaginare che un buon marketing manager non conosca il signifi cato di parole come bounce o frequenza di rimbalzo, tempo medio sul sito, fedeltà, visitatori, contatti, pagine viste per utente e così via.

Questo aprirà le porte dei posti di riguardo a fi gure più giovani non solo a livello anagrafi co ma come modo di pensare e di sapersi rinnovare…

Alessandra Iannello 

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