Ikea Italia chiede di riflettere sul verbo “Aiutare” e Treccani risponde

Le parole hanno un ruolo centrale nel formare il pensiero e contribuire ad un cambiamento culturale che conduca al superamento degli stereotipi di genere. Cominciando da quelle più esplicite, evidenti, da condannare a prima vista, fino ad arrivare a quelle più nascoste e insidiose, che entrano dalla porta e si nascondono sotto il tappeto della diseguaglianza. In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Ikea Italia ha voluto accendere i riflettori su un’espressione spesso indirizzata alle donne. Attraverso la formula “Posso aiutare?” si dà per scontato che i lavori di cura e assistenza all’interno delle mura domestiche siano responsabilità delle donne. Per riflettere quindi sull’utilizzo del verbo “Aiutare” Ikea Italia ha voluto coinvolgere Treccani, tra le enciclopedie italiane più importanti. Lo ha fatto con una lettera aperta sui social in cui ha chiesto ai linguisti un punto di vista autorevole sull’argomento. La risposta approfondita da parte di Treccani è prontamente arrivata, accogliendo la sfida di Ikea nell’arredare il mondo che ci circonda con le “parole giuste”. Il progetto nasce da un’idea creativa dell’agenzia We Are Social.

TRECCANI RISPOSTA

Ciao IKEA

Ci fa molto piacere che un’azienda tanto rappresentativa dei costumi e dei modi di vita collettivi si rivolga all’Istituto della Enciclopedia Italiana. Accogliamo quindi la vostra richiesta di riflessione con entusiasmo. È vero, la casa è una «piccola società», il più diffuso e significativo nucleo primario della società che si estende e vive oltre le mura domestiche. Proprio per questo, quanto avviene nella casa è fondamentale.

È in primo luogo importante che a partire dalle relazioni tra le persone che vivono in quell’ecosistema si costruiscano con precisione – come accade con i mobili da montare – i dizionari della condivisione, delle reciprocità, della dignità umana. Chi abita bene le parole in casa, abiterà bene non soltanto la casa ma anche la società: le cerchie di affetti esterni, i luoghi di formazione e di lavoro, di crescita sociale, professionale, culturale, le relazioni con l’ambiente umano e naturale, i momenti dello svago.

Questa operazione dell’abitare la casa-società e poi del condividere la casa-mondo con scambi di discorsi limpidi e civili sollecita tutti noi, ogni giorno, all’esercizio della massima cura delle parole, perché «le parole valgono», come recita il motto di una campagna di promozione dei buoni usi della lingua italiana che da anni la Treccani svolge attraverso il portale Treccani.it e i canali social dell’Istituto.

Il dizionario della Treccani registra anche “parole che non valgono”, parole ed espressioni simili, per esempio, alla paternalistica e ipocrita «posso aiutare?», rivolta alla donna inchiodata all’immagine e alla funzione dell’“angelo del focolare”. Perché lo fa? Perché un dizionario ha il dovere di dare conto degli usi reali che i parlanti e gli scriventi hanno fatto e fanno della lingua nazionale. Il dizionario, con espliciti commenti, segnala che una parola o espressione è “volgare” o “spregiativa”; mette cioè chi legge nella posizione di valutare se sia corretto o scorretto esprimersi in un certo modo (e non parliamo di “grammatica”). La responsabilità finale, la libera scelta, è appannaggio di chi abita la casa e il mondo. Ogni giorno, è compito di ciascuno di noi arredarli con le parole giuste.

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