Il manifesto dell’accoglienza e dell’inclusione “perché il pensiero … si manifesta”

 

Come comportarsi in presenza di persone con un disagio che le mette ai margini della nostra società?

Le risposte potrebbero essere molte, ma quelle di buonsenso sono quelle che portano all’accoglienza e all’inclusione. ­Questo manifesto, lungi dal voler essere esaustivo, si propone come promemoria, come guida di base, per quanti avessero l’occasione di incontrare persone che chiedono aiuto. Un promemoria per tutti quindi, ma indirizzato soprattutto ai primi cittadini della nostra nazione, che in qualche modo possono guidare con l’esempio la comunità che li ha eletti. Sul piano umano dovrebbe bastare il buonsenso. Sul piano delle norme da “suggerire al buonsenso”, basterebbe anche solo rispettare le leggi del soccorso in mare e -perché no?- estenderle anche alle “terre emerse”, aiutando cioè chiunque si trovi in difficoltà. Sempre.

 

Ecco quindi qualche promemoria:

 

  1. Evitiamo di usare aggettivi per catalogare le persone che vivono un evidente disagio. È la nostra società che provoca i disagi che conosciamo e certi termini definiscono un ostacolo allo sviluppo di un rapporto sereno con una persona. È il tema dello stigma: le parole che dividono contribuiscono ad accentuare il disagio.
  2. Consideriamo che persone, famiglie, che vivono un disagio sono semplicemente persone.
  3. L’incontro con qualcuno che ha un problema dovrebbe far scaturire il pensiero e l’azione che “se posso aiutarlo allora “devo””. Nel senso che la possibilità di fare è l’unica occasione per fare.
  4. Dare un panino, qualche soldo, un abito etc. risolve solo l’immediato … ma chi si trova in difficoltà va aiutato a ricostruire quello che il sistema, in cui viviamo tutti, gli ha sbriciolato fra le mani, e spesso l’incontro fisico produce risultati reciproci importanti … fermatevi a parlare con chi vive un disagio … e se potete aiutare allora “dovete” farlo.
  5. Consideriamo che chi ha un forte disagio è probabile non abbia una rete sociale attiva che lo possa supportare con discrezione e che quella rete potrebbe cominciare a crearsi a partire da noi che l’abbiamo incontrato.
  6. Aggiungere un posto a tavola è sempre possibile: facciamolo allora, ma possiamo fare di più.
  7. L’età, il colore, la provenienza, la lingua, il credo … non contano: chi ha bisogno di aiuto è una persona.
  8. Manteniamoci informati su quali sono le istituzioni della nostra città o del nostro Paese che hanno esperienza nell’aiutare chi è in difficoltà e indirizziamo, accompagniamo lì le persone in difficoltà.
  9. Diffondiamo tra i nostri amici – via e-mail, a voce, sui social, quando siamo in compagnia, … – le informazioni che abbiamo sia sulle persone da aiutare che sulla presenza di istituzioni/organizzazioni/enti/aziende che possono farlo, ma non dimentichiamo che ognuno di noi può essere sé stesso istituzione di accoglienza. Sono molte le Associazioni e gli Enti che offrono attività di  Volontariato al servizio delle persone e della società, ispirandosi alla solidarietà umana arricchendo e favorendo lo sviluppo di una cittadinanza consapevole!
  10. Se una persona ci chiede aiuto sorridendo, rispondiamo sorridendo. Non giriamoci dall’altra parte. Potrebbe succedere anche ad ognuno di noi.
  11. Il “dovere” etico dell’accoglienza è sia del pubblico che del privato. Il senso di umanità ci deve guidare ed essere sopra ad ogni cosa.
  12. La disubbidienza civile di fronte a leggi che violano i diritti dell’uomo va considerato come un dovere. Se qualcuno impedisce di aiutare l’altro è certo insensibile alle leggi naturali dell’umanità.

Iniziativa di sensibilizzazione sociale ideata da Pietro Greppi, con il contributo e i suggerimenti di Raffaele Diomede, Giacomo Ghidelli, Elena Astone, Claudia Scavarda, Antonella Tarantino

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