ADV: LA PROVA DEL NOVE … A OCCHI CHIUSI

“In matematica, la prova del nove è un test di controllo, semplice (ma non infallibile), per verificare l’esattezza del risultato di un’operazione aritmetica tra numeri interi.” (cit. wikipedia)

Per fare un test rivolto a verificare l’esattezza delle scelte comunicative dell’intero panorama pubblicitario vi propongo di usare una “prova del nove” anche per l’adv. Certo un po’ di presunzione c’è, ma me la voglio permettere anch’io visto che nell’ambiente pubblicitario c’è una dilagante presunzione di scientificità e di sensatezza delle scelte fatte in comunicazione. E non voglio dire che quanto viene trasmesso tramite i vari media sia inutile, anzi … tutto serve sempre a qualcosa. Fosse anche solo il determinare il grado di degrado (scusate il bisticcio) e di imbarazzante stupidità in cui versa la società che abbiamo (hanno) costruito a suon di spot. È solo quello che resta dopo un messaggio che conta e fa la differenza. E spesso resta poco o niente di quanto le aziende intendevano restasse, motivo per cui le stesse sono costrette a commissionare nuovi “studi” (che sarebbe meglio chiamare tentativi) e tornare a “investire” più e più volte, occupando a ripetizione spazi con stessa logica di sempre e cioè quella che l’adv debba essere per forza l’interruzione di qualcosa. Ma passiamo oltre.

Facciamola quindi una prova del nove per verificare l’efficacia dell’adv.

 

Si tratta di una prova su due livelli: uno sensoriale (a sua volta su due livelli) e l’altro mnemonico.

 

Il livello sensoriale si articola in due fasi: la prima prevede che vi mettiate, con gli occhi chiusi, in ascolto di qualunque spot di cui vogliate controllare “l’esattezza” e verificare se quello che sentite vi trasmette marca (o prodotto) e il chiaro motivo per cui dovreste esserne “attratti”. La seconda fase si affronta con occhi aperti, ma azzerando il volume per controllare se quanto vedete vi trasmette qualche informazione utile al fine di farvi apprezzare e ricordare prodotto o marca. Se si tratta di un lavoro fatto a regola d’arte, sia muto sia cieco dovrebbero arrivarvi, senza dubbio alcuno, sia la marca sia il motivo per cui “essa vi parla”.

 

Il livello mnemonico funziona così: chiudete gli occhi e cercate di ricordare almeno tre spot andati in onda di recente, provando a rammentarne le storie, abbinandole alle marche che li firmavano.

A meno che non siate fra gli autori di quei “commercial” o addirittura dei pubblivori (nel cui caso i test tendono a perdere di efficacia), noterete che sarà molto difficile ricordare con precisione storia, marca e promessa di almeno tre spot.

 

Questa prova del nove per l’adv, pur non avendo la pretesa di essere scientifica ha almeno un pregio: quello di far riflettere il comparto sull’effettiva qualità del proprio lavoro. I grafici, le statistiche, i sondaggi, le slide, le micro e macro analisi e tutto il rumore che si fa intorno agli investimenti pubblicitari, ai loro contenuti e ai risultati … perdono di significato se la sostanza della comunicazione è affidata a creativi sedicenti e presuntuosi o alla presunta responsabilità di ingordi amministratori di budget. La pubblicità era un mestiere bellissimo. Oggi la sua anima è stordita da interferenze che la rendono quasi priva di senso.

 

Soluzioni alternative e migliorative ci sarebbero, ma questo è un angolo di riflessione e critica … non di consulenza.

 

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

 

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