VISIONE TRIBALE.

Pietro GreppiCi sono tribù e tribù. Noi apparteniamo a quelle moderne.

Paragonare i desideri tribali remoti con quelli della tribù che siamo oggi non è proprio una novità.

È però una teoria affascinante molto discussa e poco contestata dagli studiosi.

Personalmente mi intriga molto e ve la ripropongo secondo un mio percorso, per riflettere su quanto ci sia di spontaneo, di indotto o di inducibile nei desideri su cui lavoriamo per professione.

Praticando la professione di comunicatori dovremmo attingere a dati, ricerche e studi sulla natura umana, la psicologia, la semiotica, etc. A volte, quando le risorse economiche lo consentono, ne commissioniamo anche di nuove. Lo facciamo per cercare di arrivare a capire come ottenere attenzione, far comprendere un particolare messaggio, indurre curiosità. Poi, per soddisfare la richiesta di un’azienda, e ognuno con la propria etica, mettiamo in pratica le conoscenze acquisite che si traducono nella proposta di un modello di comportamento, spesso artificiale, che porti al prodotto o alla marca in questione con “percepita naturalezza”. Il modello artificiale nasce come espediente per trasmettere un’emozione forte, anche attraverso l’uso di testimonial di cui vengono sfruttati i poteri di fascinazione. E c’è chi questa emozione la raccoglie, la fa sua, la elabora e agisce di conseguenza acquistando il prodotto che gliel’ha trasmessa.

Chi compra un prodotto accogliendo l’invito della pubblicità lo fa, si spera fra il serio e il faceto e giocando con sé stesso, con le medesime speranze di chi legge l’oroscopo. Ma resta il fatto che intanto lo legge. Intendo dire che chi acquista un prodotto, oltre ad aspettarsi che sia buono o funzioni, spera irrazionalmente (con vari gradi di coinvolgimento) che questo mantenga anche la promessa fattagli in termini di gratificazione emotiva, che lo sfoggio di quel marchio lo renda agli occhi degli altri, o lo faccia sentire migliore, più ricercato, interessante, rispettabile… giocando un po’ al bluff di essere come il testimonial o apparire come appartenente al contesto richiamato dal prodotto: abitante di un mondo pulito, membro di una famiglia perfetta, studente di un’università oltreoceano, persona dello staff dei concerti, riserva di una squadra famosa, pilota d’aereo.

Tutto accade nella sua mente e sempre irrazionalmente usando un taglio di capelli, un trucco, una borsa, un profumo, scartando un cioccolatino o usando oggetti promossi da un testimonial.

Questa tendenza a credere irrazionalmente nel potere di migrazione di valori e capacità da un entità ad un’altra, da un oggetto a una persona, credo seriamente potrebbe avere radici in qualche punto recondito del nostro patrimonio genetico.

Potrebbe davvero trattarsi anche solo di un residuo minimale di quelle credenze presenti in alcune antiche tribù che ritenevano di poter accrescere le proprie capacità, come il coraggio, la forza, l’astuzia, la velocità, il sapere, etc facendo di determinati animali un trofeo da indossare, o di rivali rispettati, ma vinti, una fonte alimentare tramite cui acquisire determinate qualità del rivale stesso.

Si parla in sostanza di quella forma di attrazione per i valori riconosciuti in un modello da imitare, con cui competere, da cui prendere ispirazione, un eroe, una guida, un animale. Si tratta di quel coinvolgimento irrazionale che porta l’individuo a cercare di assorbire e imitare le qualità rappresentate da una figura che viene mitizzata.

E i comunicatori oggi, in modo più o meno consapevole e più o meno responsabile, lavorano agendo su questi tasti per intercettare e stimolare i desideri di moderne tribù.

Detto questo, non sembra anche a voi che i due contesti, i due tipi di tribù (una spontanea l’altra telecomandata), con i dovuti distinguo, rappresentino entrambe il teatro di manifestazioni di irrazionalità che si assomigliano?  Parliamone.

Pietro Greppi

ethical advisor

fondatore di Scarp de tenis

fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale dei segni – non verbale

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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