Hegarty e Droga contro il native advertising

adnews-3602810101403286836d3d8f184bad78a168c6a6fe4a5984afb87e39448I due mostri sacri dell’advertising, Sir John hegarty di BBH e David Droga di Droga5, si sono sottoposti al fuoco incrociato delle domande dei giornalisti, nell’ultimo weekend del Festival. Mentre il co-fondatore di Bartle Bogle Hegarty ha dribblato alcune domande («come fanno i politici» ha scherzosamente dichiarato) e ha filosofeggiato sul grande salto che ha fatto la specie umana rispetto a quella animale, ovvero l’uso del linguaggio che ha permesso lo sviluppo del pensiero creativo, il fondatore di una delle più creative agenzie del mondo, l’americana Droga5, è stato più concreto. «Innanzitutto – ha commentato – i brand dovrebbero aiutare le persone, dovrebbero contribuire allo sviluppo sociale ed umano». Entrambi hanno stigmatizzato l’uso massivo del native advertising, poco trasparente e «inganna le persone».  Hegarty ha parlato del ruolo della tecnologia, che dà un contributo alla creatività ma non è l’unico, e che permette anche di bloccare la pubblicità irrilevante. «Mi piacerebbe che tante persone avessero questi sistemi – ha aggiunto – perché così selezioneremmo solo la buona pubblicità. Ma comunque il blocco l’abbiamo sempre fatto, con il nostro cervello». Droga ha raccontato di avere permesso l’investimento minoritario di William Morris Endeavor nel luglio 2013 nella propria agenzia, perché non voleva cedere a una holding e diventare solo un tassello del mosaico.

Vanna Assumma

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