Lacrime e soldi

Massimo Juma JannelliOpportunamente preavvisati della pubblicazione, alcuni amici (non più di tre) hanno letto le mie riflessioni sugli “interessi” del consumatore. Non sono entrati nel merito, ma mi hanno fatto notare che non si capiva chi firmasse l’annuncio sulla pubblicità sbagliata! Rimedio subito.

La firma è dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria – IAP – che si è preso l’incarico di rimediare agli sbagli. Questa precisazione, però, non cambia la sostanza delle cose per cui, nonostante i richiami dell’Organismo di tutela, continuo a constatare che gli interessi, non solo di natura economica, del destinatario della pubblicità non interessano a nessuno.

Esempi recenti? Tanti. A cominciare dalle numerose campagne di Fund Raising promosse da più che meritevoli Onlus. Neanche un fine nobile come la raccolta di fondi per chi ha bisogno giustifica però l’utilizzo di immagini e di messaggi che spingerebbero a commozione il più crudele dei serial killers.

Alludo agli spot sui bambini africani idropici o sui piccoli indiani coinvolti in violenze che segneranno per sempre la loro vita, piuttosto che quelli sui bambini nati con labbro leporino che può essere corretto con interventi chirurgici. Siamo di fronte ad immagini sconvolgenti che hanno il cinico obiettivo – sissignori cinico – di far leva sul sentimento della pietà con la stessa tecnica di comunicazione usata dai mendicanti che mostrano arti mutilati o deformità ripugnanti.

La libertà d’espressione, anche in pubblicità, dovrebbe sempre avere come confini il rispetto del destinatario se non per ragioni morali nei confronti delle quali è in aumento il numero  degli intolleranti e degli allergici, almeno per un civile senso del buongusto. Senza contare che molte ricerche provano che non è così automatico che turbare le coscienze con messaggi da pugno nello stomaco predisponga favorevolmente all’invito.

Una certa nostalgia per i tempi in cui la SACIS proibiva di mandare in onda gli spot di prodotti per l’igiene della casa e della persona in concomitanza con le ore dei pasti! Oppure vietava che nella pubblicità degli insetticidi fossero contemporaneamente presenti la definizione e l’immagine dello scarafaggio, per citare un esempio che ha fatto storia. Quanta ingenua ipocrisia nell’ottuso nonché inappellabile burocrate che giustificava sempre il tutto con la necessità di non ferire la sensibilità del telespettatore, evidentemente considerato come un soggetto di modeste capacità di riflessione e di giudizio.

Anticipo una possibile argomentazione dei creativi: “…è difficile trovare spunti convincenti e nuove motivazioni, ma rimane imperativo trovare messaggi e trattamenti che attraggano l’attenzione… a tutti i costi”.

WRONG!” – avrebbe detto un certo David Ogilvy che ho avuto la fortuna di conoscere –

“…Perché mai dovrebbe crederti un consumatore che dimostri di non rispettare?”.

 

Se desiderate comunicare con Juma Jannelli potete scrivere a: 

jumajannelli@gmail.com

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