Quando pubblicità non fa rima con responsabilità

Lorenzo_Strona_bustoTralascio di commentare l’uso inopportuno di un testo di Peppino Impastato per uno spot oggettivamente non memorabile, se non per la scelta di cui sopra, proprio per evitare di dare alla comunicazione in oggetto altra visibilità ed ulteriore indiretto ritorno mediatico, l’una e l’altro probabilmente auspicati e, in qualche modo, ricercati dai promotori dell’iniziativa.

Vorrei invece spendere qualche parola sullo spot firmato da un’importante banca nel cui contesto si propongono, peraltro con garbo e misura, concetti debolucci e piuttosto ovvi (guardiamo con fiducia al futuro, siamo una banca che fa solo la banca …) accanto ad altri oggettivamente più impegnativi e degni di nota (per noi il denaro è importante, ma rimane uno strumento).

Tutto bene allora? No! Riguardatevi l’apertura dello spot che propone l’immagine di uno sconsiderato che, per divertire il figlioletto, non trova di meglio che scagliarlo in alto e poi prenderlo al volo: un esercizio che, in caso di insuccesso, può provocare gravi conseguenze per l’incolpevole fanciullo, come confermano autorevoli fonti mediche alla luce di una documentata e, purtroppo, ricca casistica.

Quando la comunicazione televisiva era soggetta all’approvazione dell’indimenticata SACIS, con la quale più o meno tutti ci siamo trovati a confrontarci quasi sempre risultando soccombenti, tale rappresentazione non sarebbe stata avallata dai severi censori. Si dirà che erano altri tempi, per i quali, sia chiaro, non mi pare lecito provare neppure un briciolo di nostalgia. Va’ detto tuttavia che allora ci si cimentava con un mezzo nuovo, potente e poco conosciuto, mentre oggi la comunicazione è considerata adulta e matura e gli addetti ai lavori ne conoscono a fondo gli effetti: proprio per questo sarebbe lecito attendersi da questi ultimi un uso dello strumento più attento e responsabile.

Lorenzo Strona

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