Upa, Sassoli: «Incentivi agli spot per salvare il sistema. Stop a “dn” e trading dei centri media»

“L’urgenza di un progetto” era il titolo evocativo del tradizionale incontro annuale con Upa, l’associazione degli utenti di pubblicità. Il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi ha lanciato alle istituzioni e al mercato una serie di messaggi chiari e forti, alcuni perfino provocatori e urticanti.

Nell’arco della solita e curata presentazione citazionista e pop (da “L’idiota” di Dostoevskij fino a Malika Ayane, passando per Paolo Sorrentino), Sassoli ha invocato – tra le altre, tantissime cose – un credito d’imposta del 10% per gli investimenti incrementali in pubblicità («Lo stato si rifarebbe con l’Iva derivante dall’incremento dei principali consumi, si libererebbero 700 milioni di spesa fondamentali per salvare il Paese e il sistema della comunicazione…») e poi, per migliorare la trasparenza del mercato, la rinuncia dei centri media a diritti di negoziazione e trading commerciale.

Upa è pronta a ridiscutere i contratti con le centrali e pensa che un fee intorno al 3% possa essere la giusta pesatura del lavoro di consulenza delle agenzie media. Sassoli sostiene il nuovo corso di Assocom e l’esigenza di rimodulare le Audi.

Secondo Lorenzo Sassoli de Bianchi «viviamo un momento in cui il Paese manca di una idea di futuro. Stiamo vivendo il più inutile dei momenti, quello della sospensione perenne». Il presidente dell’Upa suggerisce di investire sull’implementazione del grafene, materiale rivoluzionario, un terzo delle riserve auree.

Di passare al Ministero dello Sviluppo Economico le deleghe del fin qui inutile ministero per i beni culturali, ma riconoscendo il valore strategico per il nostro Paese dei beni culturali («sono il nostro petrolio»).

E poi, più in tema di comunicazione, per Sassoli è giunto il momento di «incentivare i consumi e sostenere il sistema italiano dei media con un credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali, fino a un tetto del 10%, in modo da recuperare almeno gli investimenti perduti in questo biennio». Secondo Upa, un credito d’imposta sugli investimenti incrementali si ripagherebbe ampiamente con l’aumento delle entrate IVA sui maggiori consumi.

«Il tax credit rappresenterebbe anche un argine contro quelle migliaia di posti di lavoro a rischio tra editoria, agenzie e concessionarie tali da proporzionarsi ormai al settore manifatturiero».

Per gli utenti sono in gioco quel che resta della propensione al consumo, l’intero sistema dei media e, non da ultimo, ciò che questo comporta in termini di garanzie democratiche. Altro punto fondamentale della relazione di Sassoli, il messaggio lanciato ai centri media. Bisogna azzerare opacità e mancanza di trasparenza.

Per Upa i diritti di negoziazione restano una prassi «insopportabile che rende il sistema inefficiente, la contrattazione vischiosa e il risultato discutibile». A fronte della disponibilità a rinunciare ai diritti di negoziazione, Upa s’impegna a ridiscutere i contratti.

«È la nostra operazione specchi chiusi e finestre aperte, ognuno smette di guardare solo il proprio interesse, si aprono nuove possibilità per tutti. Propongo un’intesa: dal primo gennaio 2014 i diritti di negoziazione saranno il lascito mai rimpianto di un’epoca torbida.

L’Upa, comunque, si attiverà perché questa distorsione del mercato venga corretta dal legislatore. Al diritto di negoziare si sostituisce il dovere di innovare». Altro passaggio chiave quello dedicato alle pratiche di trading commerciale operate dalle centrali specie con gli spazi online.

«Ricordo – ha rimarcato Sassoli de Bianchi – che la ventilata trasformazione dei centri media in intermediari di spazi è contraria al loro ruolo, confonde i clienti e snatura il sistema. I centri media devono decidere se continuare a essere nostri consulenti o giocare in altri ruoli».

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *