Orfani per vocazione

A commento del corsivo “Orfani” di Riccardo Robiglio apparso su Pubblico Today il 20/09/2012, pubblichiamo un contributo sul tema a firma di Lorenzo Strona.

Nel suo intelligente corsivo “Orfani” (Pubblico Today – 20/09) Riccardo Robiglio lamenta il fatto che la lezione dei “grandi vecchi” della pubblicità italiana non sia oggetto di studio da parte dei giovani creativi e sia stata in larga misura dimenticata. 

Parole sante! Tuttavia quello che Robiglio non dice, ma che tra le righe si intuisce, è che l’attuale modestia delle proposte creative che occhieggiano da giornali e tv, ne debba essere considerata una diretta conseguenza.

Voglio citare, a tale proposito, un’esperienza personale che risale a pochi mesi orsono: durante uno speech al cospetto di una cinquantina di colleghi, parlando di qualità della comunicazione, ebbi occasione di citare due amici da poco scomparsi (Emanuele Pirella e Gianni Muccini), ricordandone la capacità di innovazione, l’attenzione costante al presidio della qualità e sottolineando lo spessore culturale del loro modo di essere e di accostarsi alla professione.

Ebbene,qualcuno mi riferì che il commento raccolto in sala, formulato da alcuni dei più giovani tra i presenti, era in realtà una domanda: “Ma perché questo qui ci parla di morti?”

Ora, pur facendo parte della generazione dei babyboomers, sessantenni o giù di lì, per intenderci, non ho diffi coltà ad ammettere di nutrire grande ammirazione, e anche un po’ di invidia, per qualche collega trentenne.

Ma, al tempo stesso devo constatare che la gran parte dei comunicatori dell’ultima ora si sono accostati alla professione facendo una scelta determinata esclusivamente dalla voglia o dalla necessità di trovare una strada per sbarcare il lunario, e non sostenuta da pulsioni di altra natura, che furono invece determinanti nella scelta che a suo tempo compimmo, di una professione culturalmente stimolante, che implicasse una modalità di essere e di lavorare che in qualche modo ci facesse sentire portatori di un contribuito al processo di crescita della società.

Sappiamo bene che l’obiettivo del lavoro del pubblicitario era e rimarrà sempre quello di sostenere e agevolare processi di natura eminentemente economica e commerciale, ma se, pur perseguendo con tutte le forze queste finalità, riuscissimo anche, come è avvenuto in passato, a dare una mano a questo sventurato Paese a crescere ed a modernizzarsi anche sul piano culturale e della sensibilità sociale, non sarebbe cosa disdicevole.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it

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