Obsoleti, inefficaci e soprattutto brutti

Credo che tutti quanti abbiano avuto modo di notare, percorrendo in auto il territorio del nostro Belpaese, la vistosa e apparentemente inarrestabile proliferazione di cartelli pubblicitari ai bordi delle strade.

Alcune di queste installazioni pubblicizzano attività locali, e quindi costituiscono, almeno nelle intenzioni dei committenti, un riferimento utile a individuare la localizzazione di un esercizio commerciale, altre invece sono concepite come messaggi pubblicitari tout court.

Personalmente sono convinto che tale forma di comunicazione sia da considerarsi obsoleta e inefficace, nonché irrispettosa degli interessi del territorio. Veniamo al primo punto: la pubblicità esterna fissa ai bordi delle strade è un format che risale agli albori della comunicazione commerciale, quando, per intenderci, la pubblicità veniva chiamata réclame.

Allora ’– mi riferisco ai primi decenni del secolo scorso ’– tale modalità di comunicazione era pressoché l’’unica pratica bile: i giornali erano poco diffusi, soprattutto nelle aree più decentrate, radio, tv e internet erano di là da venire, quindi la cartellonistica costituiva l’’unica forma di pubblicità alla portata delle imprese.

Gli annunci venivano installati nelle piazze e nelle più frequentate vie cittadine, dove la gente, affamata com’’era di novità, indugiava curiosa davanti a manifesti e avvisi, spesso peraltro concepiti e realizzati da veri maestri della comunicazione visiva quali Dudovich e Boccasile.

Solo più tardi i cartelli pubblicitari vennero posizionati sulle strade a beneficio dei pochissimi ’– e lentissimi ’– automobilisti, ai quali venivano consigliate benzine, lubrificanti, pneumatici e altri prodotti inerenti il neonato mondo dell’’automobile. 

L’’odierna cartellonistica fissa, in molti casi concepita come un guazzabuglio di informazioni di difficoltosa e talvolta impossibile decifrazione, è installata ai bordi di strade sulle quali le automobili sfrecciano a velocità sostenuta, con la conseguenza che i conducenti, se non a rischio di pericolose distrazioni dall’’attività di guida, non hanno il tempo materiale di osservare, con l’’attenzione auspicata dagli inserzionisti, quanto i cartelli propongono.

Non a caso, nei Paesi dell’’Europa comunitaria, tale forma di comunicazione, giudicata obsoleta e fonte di pericolo, è stata vietata o, quantomeno, disincentivata da parte delle autorità competenti. 

In Italia invece le disposizioni di legge in materia risalgono al secondo dopoguerra e, quindi, a condizioni di traffico e di disponibilità di efficaci mezzi di comunicazione ben diverse dalle attuali. Inoltre tali leggi, che prescrivono il rispetto di determinate distanze dal bordo della carreggiata, dalle curve e dagli incroci e, più in generale, dalle zone nelle quali si richiede ai conducenti massima attenzione alla guida, sono molto spesso disattese. 

Così come sono sistematicamente ignorate, anche dagli inserzionisti che investono il loro denaro in tale forma di pubblicità, le più elementari regole del buon senso che suggerirebbero, quantomeno, la richiesta di adeguati limiti di affollamento.

Ma, detto questo, qualcuno potrebbe obiettare che, se gli automobilisti non guardano i cartelli, la condizione di pericolo non si concretizza e quindi questa reprimenda avrebbe poco senso. 

Ne ha moltissimo invece, alla luce di un’’ulteriore considerazione. Il nostro Paese ha nel patrimonio ambientale e nella bellezza dei luoghi, e quindi nel turismo, uno dei suoi asset più preziosi e importanti.

Per questo mi pare del tutto legittimo chiedersi se sia opportuno continuare a compromettere la fruibilità dei nostri bei paesaggi, opponendo agli occhi del turista desideroso di contemplarne le bellezze uno schermo di messaggi pubblicitari, sull’’utilità e sull’’effi cacia dei quali è quantomeno lecito dubitare.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it

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