Beati monoculi in terra caecorum

Dopo l’incontestabile successo conseguito a “Servizio Pubblico”, dove si è consumato il naufragio della macchina da guerra predisposta dal trio degli infaticabili fustigatori dell’italico malgoverno, vanificata e resa impotente dalla sapiente strategia di comunicazione messa in atto dal Cavaliere, Silvio Berlusconi, esordendo con un duro ed articolato attacco a Monti ed alla sua politica – bersaglio d’elezione di Santoro & Co.– ha posto il conduttore nella condizione di non potersi confrontare con il “genio del male” e nemico di sempre, ma con un leader politico impegnato a condividere la battaglia contro il grande persecutore delle masse lavoratrici, il vessatore del ceto medio, l’uomo che ha, con scelte politiche depressive, inguaiato il paese, avviandolo pericolosamente sulla strada scoscesa di un evidente declino.

Anche l’intervento dell’imprenditrice nostalgica della moneta nazionale, sapientemente predisposto al fi ne di coinvolgere Berlusconi in prevedibili manifestazioni di euroscetticismo, è miseramente fallito. E persino la puntuale enumerazione dei procedimenti a suo carico, enunciata con evidente compiacimento da Travaglio, si è rivelata un boomerang: il Cavaliere è stato accusato di ogni genere di bassezze e di imbrogli, ma – udite, udite – non gli si è potuta rivolgere l’accusa più infamante ed intollerabile per le italiche genti, di aver perseguito, rubando, un indebito arricchimento personale.

Tutto bene, quindi, per Berlusconi, al di là di qualche inevitabile segno dell’irreparabile scorrere del tempo, peraltro assai temperato dalle sue indubbie e riconosciute qualità di comunicatore? Quasi.

Qualcosa è mancato: soprattutto un sincero “mea culpa”, che sarebbe stato molto apprezzato da quella componente non marginale di quello che fu il suo elettorato, ansiosa di votarsi all’evangelico esercizio del perdono, per chi, coram populo e senza reticenze, ha il coraggio di dichiararsi colpevole di aver ceduto alle lusinghe ed alle tentazioni del mondo, lasciandosi andare, nella vita privata – ma solo nella vita privata – a comportamenti moralmente censurabili.

Ma le occasioni certamente non mancheranno: da qui alle elezioni ci sarà tutto il tempo per rimediare. Persino Bill Clinton, dopo aver fatto pubblica ammenda delle sue umanissime debolezze, è stato perdonato. E se si sono ricreduti i campioni del puritanesimo d’America, tanto più si sentiranno sollecitati a farlo i nostri connazionali, per le ragioni suddette e, ahimè, al cospetto della pochezza dell’offerta complessiva, poiché “nel paese dei ciechi, l’orbo è re”.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it 

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