Autocomplete e Ricerche Correlate. La responsabilità di Google

Il Tribunale di Milano ha emesso, in data 25 marzo 2013, un’ interessante ordinanza all’ interno di un procedimento cautelare, nella quale si affrontano i problemi relativi alla responsabilità di Google in relazione ai suoi servizi Autocomplete e Ricerche Correlate.

Autocomplete costituisce un aiuto nella ricerca per trovare più rapidamente le informazioni, evidenziando ricerche che potrebbero essere similari a quella digitata. Le Ricerche Correlate compaiono in fondo alla pagina del motore, quando si effettua una ricerca per una parola chiave.

Il Tribunale di Milano ha posto in evidenza che i servizi di auto completamento e quello che genera le ricerche correlate non costituiscono né una funzione né un contenuto, ma si tratta di sistemi di attivazione di un servizio on line, composto da grafica e da software, che permette all’ utente di inserire la domanda (query). In relazione a tali servizi, Google non può ritenersi un content provider.

Attraverso Autocomplete, è riprodotto il risultato delle ricerche più popolari effettuate dagli utenti, mentre Ricerche Correlate riproduce i risultati delle pagine web indicizzate e rese accessibili dal motore di ricerca.

Non si tratta di archivi e i termini visualizzati non sono in alcun modo organizzati o influenzati da Google, ma è un software automatico ad analizzare la popolarità di detti termini e a rilasciarli in base ad un algoritmo. Google non è, pertanto, responsabile del contenuto delle informazioni evidenziate.

L’ art. 15 del decreto legislativo n. 70/2003 sui servizi della società dell’ informazione precisa che, nella prestazione di un servizio, consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio (c.d. attività di catching), il prestatore non è responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta.

Se l’ autorità giudiziaria ordinasse la rimozione di contenuti (intendendosi per tali i risultati della ricerca), che venissero riscontrati come lesivi dei diritti altrui, Google non sarebbe comunque responsabile, perché, in base all’ art. 17 del decreto legislativo sopra citato, non sussiste un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che il fornitore del servizio trasmette o memorizza nell’ attività di catching o nell’ attività di hosting, né soggiace ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. In questo contesto, quindi, non potrebbe fondarsi neppure una responsabilità per danni del motore di ricerca.

Il decreto legislativo n. 70/2003 esclude, quindi, la sussistenza di un obbligo di controllo preventivo e di una responsabilità del service provider. In mancanza di un’ ordine dell’ autorità giudiziaria o amministrativa, egli non ha alcun obbligo di attivarsi per rimuovere contenuti esistenti.

L’ accostamento di termini in una stringa o in un profilo di ricerca, come avviene nei due servizi di Autocomplete e Ricerche Correlate, è un semplice suggerimento di ricerca sulla base di dati statistici ed indicizzati presenti nella memoria del motore di ricerca e non costituisce un’ affermazione né un’ azione propria di Google.

Qualora pertanto, come avveniva nel caso preso in esame dal Tribunale di Milano, ai termini inseriti fossero stati accostati altri che finissero per assumere una valenza offensiva, non si concretizzerebbe comunque un’ affermazione diffamatoria, proprio perché l’ accostamento dipende esclusivamente dal numero statistico di richieste degli utenti, che utilizzano il motore di ricerca e che hanno usato tali termini.

Fiammetta Malagoli

malagoli@studiolegalemalagoli.it
 

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