VIETATO AI MINORI!

Istintivamente vogliamo bene ai bambini. È abbastanza facile spiegare perché: vediamo in loro noi quando eravamo piccoli. Quello che proviamo nei loro confronti è istinto di protezione, di amore, a volte anche di nostalgia per come eravamo. Sappiamo che sono destinati a crescere per prendere il nostro posto. Restiamo affascinati da quanto siano così pieni di energia, positivi, disponibili, sorridenti… e ci scopriamo a osservarli rapiti dai loro gesti, da quello che fanno, dal loro coraggio e sfrontatezza… ritroviamo e proviamo, grazie a loro, sentimenti di gioia di cui sono loro la causa. Anzi. Meglio sarebbe dire che è merito loro se ci sentiamo più vivi, ottimisti, positivi, capaci di affrontare anche noi la vita come vediamo farlo a loro, come eravamo pronti a farlo prima di essere aggrediti e indeboliti dal sistema che da adulti abbiamo costruito e subìto. Per loro ci faremmo in quattro, e anche di più. Per loro siamo pronti a rinunciare a cose che prima di loro ci sembravano importanti, perché sentiamo che è la loro presenza a farci bene, la loro spontaneità e la loro mancanza di malizia. Che questo genere di emozioni e di esempi, cui attingere per diventare migliori, qualcuno ci aiuti a ricordarli è certo positivo. Ma che questo venga usato dalle aziende che se ne appropriano per strumentalizzare commercialmente dei sentimenti questo non è più accettabile, soprattutto oggi. Soprattutto dopo tutto il parlare che si fa nei convegni a cura degli addetti ai lavori sul tema dei bambini sfruttati a scopi commerciali e sulla necessità quindi di non ricorrere a loro in modo strumentale. Lo IAP dovrebbe intervenire sempre molto in fretta e senza tanti ma, anche nel caso che fra i suoi addetti dovessero esserci incidentalmente rappresentanti di quelle aziende che invece fanno spallucce e perseverano nei loro insani intenti di sfruttamento e inosservanza di quanto espresso nell’articolo 11 del Codice di Autodisciplina dello IAP, specificatamente quando indica che “L’impiego di bambini e adolescenti nella comunicazione deve evitare ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.” Dovrebbe essere superfluo dirlo. Questione di responsabilità e consapevolezza. Non faccio nomi, basta guardare gli spot in circolazione, ed è come se i nomi li facessi. Lo IAP dovrebbe esser più duro in questo: dovrebbe vietarlo e basta.

Usare i bambini a scopi commerciali è irresponsabile soprattutto perché manifesta l’evidente intenzione di smuovere sentimenti che non c’entrano con i prodotti. Usare i bambini è una scelta scorretta e cialtrona. Ed è la dimostrazione che in pubblicità continuano a lavorare persone che non sanno più cosa fare. O che magari lo sanno invece troppo bene. Dipende dal giudizio che vogliamo dare a questo triste ricorrere ai bambini, che sono di fatto l’ultima spiaggia di chi non sa più cosa fare. Quello che colpisce è che nessuno prova vergogna nel produrre certe scenette. Non siamo più abituati a riconoscere le idiozie e men che meno a denunciarne l’esistenza. Viene più facile buttarla sul ridere, dire “ma cosa vuoi che sia”, o criticare chi critica queste scelte banalizzando la critica. Quando usi un bambino solo perché non riesci a fare un pensiero responsabile su cosa questo può innescare in chi lo vede o se, peggio ancora, lo fai perché lo fanno anche altri copiando la pessima idea di chi lo ha già fatto… se lo fai sei indiscutibilmente una pessima persona e anche un pessimo professionista. Che già copiare indica un approccio incapace di originalità; ma qui si tratta addirittura di molti che copiano la stessa “idea” e questo la dice lunga sullo stato delle cose nel “mondo della comunicazione” che rende ridicola la definizione “creativi”.

I bambini non hanno nulla a che vedere con creme spalmabili, affettati, abbonamenti tv, merendine, carta igienica, amplificatori dell’udito o case in vendita, se non perché siamo noi adulti ad acquistarli per loro. Introdurre i bambini come attori in tentativi di blandire loro coetanei o adulti per via dell’effetto che fa vederli in uno spot, magari perché ve lo han detto quelli che studiano il “neuromarketing” o qualche influencer scoppiato, è vile e vergognoso. Insomma è ora di finirla. Ed è ora che qualcuno la voce la alzi. Però qualcuno sarebbe capace di dire che è da maleducati.

Pietro Greppi

ethic advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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