Ripartire al femminile
Con questo articolo di Claudia Scavarda, prosegue “Ripartire al femminile”, serie di riflessioni dedicata all’approfondimento del dopo emergenza dal punto di vista delle donne. Ovvero quelle che, secondo molti, sono le grandi dimenticate dell’emergenza Covid, che in realtà le ha viste protagoniste assolute sul lavoro e sul fronte domestico.
Claudia Scavarda – Temporary manager e consulente Terzo Settore, Ivrea, Piemonte
Il lockdown è finito, quindi si può azzardare qualche bilancio di questo periodo appena vissuto, così anomalo e senza precedenti, soprattutto per la dimensione collettiva che ha condizionato la vita di tutti, nessuno escluso. Non posso che partire dalla mia esperienza e dall’impatto che ha avuto sulla mia vita, familiare e professionale, una necessaria riorganizzazione del tempo e delle abitudini. Improvvisamente a casa, per un tempo infinitamente lungo e senza soluzione di continuità: un fuori programma che ha capovolto i pesi delle giornate, diventate improvvisamente tempo conteso tra i bambini, le sessioni online e offline degli appuntamenti di lavoro e le incombenze domestiche (che c’erano anche prima, ma certo non si cucinava a pranzo per tutti ogni giorno). Mentirei se dicessi che non ho fatto fatica. Mi è sembrato di vivere in una bolla, in apnea, in costante carenza di ossigeno: l’ossigeno degli spostamenti in macchina, che di solito per me sono momenti estremamente creativi e di autoanalisi, l’ossigeno del pranzo improvvisato con una persona importante, per parlare e ascoltarsi, l’ossigeno del tempo vuoto di quando si è a casa da soli e si prova una sorta di delirio di onnipotenza, l’ossigeno delle chiacchiere con il marito la sera, per raccontarsi la giornata, i progetti, le piccole cose. Detta così sembra un vero disastro, è probabilmente lo è stato, almeno fino a quando tutta questa rivoluzione è diventata una nuova routine, fatta anche di risvegli più lenti, di riavvicinamenti di persone care che non si ha mai il tempo o l’occasione di chiamare, della possibilità di vedere come i figli mettono in campo strategie di adattamento e di scoprire, semplicemente, che i cambiamenti, quelli che non scegliamo, sono affrontabili e sono forieri di opportunità, di un posto in prima fila per vedere il mondo da prospettive nuove, che altrimenti non avremmo neanche preso in considerazione. Ora si sta tornando a qualcosa di più vicino al mondo come lo conoscevamo prima del Covid, ma credo che tutti ci porteremo da qualche parte la consapevolezza che altri modi di fare le cose sono possibili e, forse, il dubbio che ciò che conosciamo non sia necessariamente il modo migliore o l’unico giusto, solo perché non ne abbiamo sperimentati altri. Di questi mesi porto le storie di chi, nei contesti più disparati, mi ha raccontato i sogni, tantissimi, come se tutti avessimo sognato di più, archetipi di paure e di preoccupazioni. Ancora una volta la mia esperienza umana e professionale conferma che le relazioni sono al primo posto, la parola e l’opportunità di raccontare e ascoltare sono le porte attraverso le quali è possibile accogliere il cambiamento, qualunque esso sia. Ed ora si riparte con una valigia svuotata di abitudini e un po’ più ricca di esperienze.
Claudia Scavarda