LA COMUNICAZIONE COMMERCIALE DEVE ESSERE ONESTA, VERITIERA E CORRETTA …

questo lavoro” quali siano i rischi da prevenire quando la comunicazione commerciale non sia condotta responsabilmente e consapevolmente inrelazione all’impatto e alle ricadute nella società. Insomma chi è nel “mestiere della comunicazione” conosce nel bene e nel male il proprio potere persuasivo. Fra i temi più caldi c’è quello delle dipendenze digitali e le collaterali conseguenze che ne derivano. La diffusione dell’uso degli smartphone e l’accessibilità sempre maggiore al mondo digitale, dove la pubblicità non a caso dilaga, porta con sé molti benefici, ma altrettanti preoccupanti risvolti che dobbiamo saper prevenire, soprattutto per proteggere i bambini. Il mondo digitale tramite le sue porte di accesso, provoca dipendenza, difficoltà di apprendimento, deficit di attenzione, ansia, depressione, aggressività, solitudine, insoddisfazione verso il reale. Effetti che riguardano l’abuso degli strumenti tecnologici, soprattutto da parte dei bambini cui troppo spesso vengono affidati i nuovi “device” come fossero moderni sedativi di comodo. Un bambino tende a concentrarsi sull’uso di questi aggeggi e, estraniandosi dalla vita reale, entra nel mondo virtuale che entra in competizione con tutti gli altri messaggi del mondo reale. A contatto con il virtuale il bimbo, ma anche l’adulto, assorbe la sensazione di una forma di potere di decisione che gli viene trasmesso dal risultato del tocco di uno schermo. Sensazione che, nella fase di apprendimento di base, pretende poi applicare anche nella vita reale. Credere di poter comandare con un click anche “la vita reale” porta i giovanissimi ad avere reazioni violente, depressive o autolesioniste. Effetti collaterali deleteri che non risparmiano gli adulti, ma per i bambini la questione è molto più delicata. Dovremmo evitare di insegnare troppo presto la padronanza dei media digitali, e a non regalarli a bimbi di 8 anni scegliendo di educarli alla vita reale. La Corea del Sud (!), che ha il primato di digitalizzazione, impone per legge divieti di trasmissione dei giochi on-line in determinati orari e prevede limitazioni di accesso a contenuti per chi ha meno di 19 anni. C’è poi da sottolineare che l’utilizzo della tastiera impoverisce le capacità della nostra memoria e dell’apprendimento. La scrittura, quella fatta a penna su carta, è una capacità che va salvaguardata perché il digitale rischia di farcela perdere e con essa le nostre abilità manuali in generale, con tutto ciò che ne deriva. Un danno che non si limita all’imbarbarimento del segno grafico della nostra scrittura, ma all’intero processo che il nostro cervello si disabitua a governare minando le nostre capacità di rielaborare e creare. “Usando la penna” uomini e donne di pensiero del passato ci hanno trasmesso capacità di approfondimento e di scoperta. Oggi siamo arrivati ad abituarci a non pensare più in autonomia. Crediamo che il sapere sia quello a portata di click e residente in un unico grande cervello virtuale. L’effetto è l’imbarbarimento generale che si sta sviluppando sotto i nostri occhi.

Queste mie riflessioni, derivano anche dalla lettura di un’intervista del giornalista L. Guadagnucci (Il Piacere della lettura, supplemento a QN del 7-5-2016) fatta a Manfred Spitzer, psichiatra e neuro scienziato, che indica alcune buone pratiche per evitare i danni collaterali che altrimenti produciamo: “… è il dosaggio che fa il veleno, quindi occorre limitarlo; se i bambini non posseggono una cosa, non c’è bisogno di proibirne l’uso; i giochi elettronici sono particolarmente negativi per lo sviluppo del cervello e creano facilmente dipendenza; se volessimo sapere se mangiare caramelle a tre anni sia dannoso per la salute, lo chiederemmo a esperti di bambini di tre anni o a esperti di caramelle?; ci sono tante cose da fare per un bambino là fuori, perché usare uno schermo per il suo tempo libero?” Io aggiungerei che i pubblicitari potrebbero ispirarsi ai punti precedenti per riflettere e produrre sempre e solo contenuti di buon senso. Sarebbe un favore a sé stessi, alle aziende e alle persone cui ci rivolgiamo … che poi sono anche quelle che incontriamo ogni giorno.

 

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *