ETICA IN COMUNICAZIONE APPROVAZIONE vs CRITICA vs REALISMO vs BUONSENSO

 

«Il pessimista si lamenta del vento, l’ottimista aspetta che cambi, il realista aggiusta le vele» (Nicolas Chamfort- scrittore e aforista). Come stile personale utilizzo spesso la critica e lo stimolo verso lo spirito critico, così poco presente nel comparto dell’ADV. Lo ritengo un approccio che dovrebbe essere, oserei dire, obbligatorio e utilizzato a priori per l’analisi pre-diffusione di una campagna. Qualcuno dirà che è già previsto. Ma non è esatto. Si fa raramente. Perché? Si dice che manca il tempo o perché costa e spesso costa anche dare ascolto ai risultati che si raccolgono. Quando poi si fa, è più spesso interno (si chiede cioè un commento a chi è in qualche modo coinvolto più o meno direttamente, cliente incluso!) e se viene delegato ad un’entità esterna, il giudizio critico “davvero oggettivo” e soprattutto libero dipende da troppi fattori anche economici che alla fine falsano il sondaggio.

Ma come fanno i creativi a sapere davvero se le loro elucubrazioni mentali verranno capite e che effetto avranno? Semplicemente non possono se non con un’analisi post. Eppure basterebbe fare meno di voli pindarici ed essere più semplici nel raccontare i benefici di un prodotto. Basterebbe. Ma è troppo semplice e costerebbe addirittura poco: la pubblicità deve essere complessa per giustificare i suoi costi. Ci si dovrebbe chiedere se uno spot ha senso per quello per cui viene pensato, se verrà capito, se potrà servire davvero a qualcosa. Invece pare che l’obiettivo non sia mai il buonsenso, ma anzi la creazione di sensi alternativi, creativi, astrusi, allucinati e per nulla coerenti con il prodotto e proprio per questo provocatori di effetti collaterali poco prevedibili e verificabili solo post, come la reputazione complessiva dell’azienda che non è detto ne esca bene. Quindi la domanda è: possiamo fare meglio o basta accontentarci? Possiamo essere critici o vogliamo limitarci ad approvare? È preferibile essere percepiti come “positivi” o passare per quelli che han sempre qualcosa da obiettare? Si tratta in fondo di sottoporre il proprio orientamento e il proprio sentire. Di portare il proprio punto di vista affinché ce ne sia almeno uno in più. C’è chi si accontenta e chi non è mai soddisfatto. Chi pensa che tutto sia migliorabile e chi ritiene che non valga la pena arrovellarsi in quella direzione. Chi vede pericoli e difetti e chi no. Si tratta comunque sempre di punti di vista relativi a chi li esprime e proprio per questo diversi e meritevoli di riflessioni. Entrambi gli atteggiamenti hanno conseguenze, ma su quale sia preferibile resta sospeso il piatto della bilancia del diritto di ognuno di stare dove crede. Se analizziamo però, senza presunzione alcuna e certo non troppo scientificamente, a cosa portano le due diverse posizioni, possiamo osservare che l’approvazione, sia essa sincera o di circostanza, fa piacere, ma non porta a considerare miglioramenti e neppure stimola lo spirito critico. Troviamo spesso questa situazione nei contesti popolati dai cosiddetti “yes man” che sono figure molto apprezzate da chi non sopporta l’idea di essere fallibile e si circonda di persone acritiche. L’approvazione ci fa sentire bene, ma contribuisce a lasciare tutto com’è perché vediamo “approvato” il nostro atto. La critica invece, da ovunque provenga, intimamente ci fa provare un certo fastidio, ci irrita sempre un po’, ma se anche cerchiamo di nasconderlo ci costringe ad avere un dubbio su ciò che, fino ad un attimo prima della critica, ritenevamo fonte di soddisfazione e privo di difetti.

Si dice che la nostra considerazione del giudizio altrui dipenda dal dove o, per meglio dire, “da chi” ci arriva, ma alla fine la critica e l’obiezione sono sempre stimoli verso un avanzamento che dovremmo immaginare come opportunità di un possibile miglioramento. Critica e approvazione infine operano sullo stesso piano con forze opposte, ma non vanno confuse con pessimismo e ottimismo che sono invece questioni più umorali e per questo irrazionali. Concentrandoci su quanto accade nel mondo della pubblicità vediamo facilmente come gli amici del creativo, soprattutto se “blasonato”, ne sostengono sempre l’operato acriticamente come in un atto religioso. E se un commentatore non di parte solleva una critica realista, costui tende ad essere deriso più o meno vivacemente. Attendo critiche.

 

Pietro Greppi

ethical advisor e fondatore di Scarp de tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

 

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