Il sentiment degli italiani e un nuovo marketing della felicità

In questi anni le indagini continuative di GfK e alcuni studi internazionali hanno evidenziato un peggioramento del sentiment degli italiani: cresce la preoccupazione per il futuro, cala la soddisfazione per tutte le componenti – materiali e non materiali – della vita personale e diminuisce anche la fiducia nei confronti delle istituzioni. Negli ultimi 20 anni, l’indice di felicità degli italiani rilevato da GfK è calato di oltre 20 punti, con un trend quasi sempre negativo. Cosa impedisce agli Italiani di essere felici? E cosa possono fare le aziende per aiutarli a ritrovare la felicità? Se ne è discusso a Milano la scorsa settimana in occasione del seminario annuale GfK, sul tema: “Verso il nuovo marketing della felicità. Il contributo delle imprese al superamento del pessimismo”. Il seminario si è aperto con l’intervenuto di Paolo Anselmi, vice presidente GfK CE, dedicato a “Le basi sociali della felicità. Partendo dai risultati del World Happiness Report – indagine internazionale delle Nazioni Unite che misura la felicità dei cittadini di 155 Paesi – Anselmi ha evidenziato gli elementi che stanno alla base del pessimismo degli italiani, che si posizionano al 48° posto della classifica. «Il nostro Paese ottiene buoni punteggi su PIL, aspettativa di vita e welfare, mentre risulta nella parte bassa della classifica per quanto riguarda la fiducia nel sistema Paese (a causa principalmente della corruzione), la generosità/solidarietà e le opportunità di vita. Da sottolineare anche come le imprese oggi godano di un livello di fiducia superiore a quello della classe politica. Vi è dunque ampio spazio per strategie aziendali rivolte al benessere degli Italiani come cittadini oltre che come consumatori: opportunità di formazione/lavoro, impegno nella cura dei beni comuni (ambiente, paesaggio, patrimonio artistico e culturale…) e una visione positiva del nostro futuro come Paese». Durante il seminario si è parlato del rapporto con il cibo, con il denaro, con il digitale. Del ruolo del digitale nella ricerca della felicità ha detto Edmondo Lucchi, responsabile New Media di GfK: «Gli strumenti digitali consentono di entrare in contatto con una quantità sterminata di informazioni ed esperienze, spesso gratuite e in grado di amplificare il nostro senso di libertà. Ma basta questo ampliamento delle possibilità di conoscenza per parlare di felicità? In generale, le persone associano l’idea di digitale con valori positivi, ma sono anche consapevoli dei limiti, dei pericoli e delle ombre del digitale. La struttura tipicamente orizzontale del web manca di una visione d’insieme, della capacità di indicare un progetto di futuro collettivo più ampio: forse è questo il limite principale della capacità che ha il digitale di renderci più felici». Isabella Cecchini, healthCare director GfK, che ha messo a fuoco quindi i fattori alla base del “marketing della felicità”: «Esistono 5 fondamentali pillars che discriminano tra individui felici e non. Chi è felice è decisamente più ricco di convincimenti etici, spirituali e improntati al rispetto delle persone oltre che delle cose. I felici sono anche più attenti a sé, da intendersi come cura di sé, in senso olistico di mente-corpo. Altra variabile determinante per la felicità risulta essere la gestione del tempo, da intendersi come valore assolutamente prioritario per la soddisfazione di sé. Per essere felici occorre inoltre non stare mai fermi, ma progettare in continuazione, in qualsiasi ciclo di vita ci si trovi. Infine, la felicità dipende anche dalle relazioni, dalla loro ricchezza e capacità di non fare mai sentire soli». (b. t.)

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