SUBDOLI CIOCCOLATAI

Siamo tutti golosi di qualcosa. E il cioccolato è un alimento prezioso, apprezzato, goloso e ricercato. Il cioccolataio esperto riesce a trasformarlo in mille forme e miscele che amplificano il desiderio di ogni goloso. E fra tutti i cioccolatai, in Italia c’è quello che viene definito il numero uno. Non per la qualità del cioccolato, che semmai è anche molto discutibile, ma per la fantasia nel proporlo industrialmente in fogge e confezioni particolari insieme ad altre idee di prodotti da forno. Un’azienda che si è fatta strada nel mondo grazie alle visioni, ai metodi e alla perseveranza del suo fondatore, che ci ha lasciati da poco. I suoi dipendenti gli farebbero una statua, i suoi concorrenti vorrebbero essere capaci di replicarne i successi, … in generale il personaggio che se n’è andato ha lasciato un ricordo positivo in tutti quelli che ci hanno lavorato insieme. E chi non lo conosceva personalmente ha avuto modo di assaggiarne i prodotti … e vedere i suoi spot. 

Ma le dimensioni dell’azienda che ha saputo costruire, volente o nolente, via via hanno costretto l’azienda stessa a confrontarsi sempre più con un pensiero più largo di quando il territorio di riferimento era il basso Piemonte con la sua popolazione abituata a fare l’inchino alle famiglie Reali. Nessuno oserebbe mettere in discussione l’efficacia del suo operare in virtù dei numeri e dei fatturati. Ma le ragioni del suo successo va detto che risiedono anche in pratiche discutibili o almeno da discutere. Fra queste almeno due parentesi restano aperte e ognuna contiene un punto di domanda che propongo a chi mi legge. 

La prima è quella dell’olio di palma, che l’azienda –in controtendenza- ha scelto di continuare ad utilizzare comunicandolo e qualificandolo, per qualche settimana e curiosamente, come ingrediente di qualità. Un tema sul quale, per discutere, giudicare e scegliere dovremmo avere nozioni di scienze e chimica alimentare che non abbiamo e ciò ci costringe a lasciare appunto aperta la parentesi. 

La seconda parentesi riguarda la discussione sulle tecniche di vendita da sempre utilizzate dall’azienda. In particolare le pratiche comunicative e di marketing che posizionano ciclicamente i suoi prodotti come alimentazione da sportivi “medagliati” e quasi sempre rivolti ai bambini cercando la complicità dei genitori. Pratiche la cui scorrettezza di fondo sfocia per esempio nei discutibilissimi, famosi e subdoli ovetti con sorpresa, spesso collocati anche a bordo cassa nella GDO. La questione -anche grave- sta tutta nell’evidente e costante ricerca di far presa sull’ingenuità innocente dei bambini che vengono spinti a tirar per la giacchetta i genitori pur di avere un pupazzetto che richiama i cartoni visti al cinema o in tv. Pratiche certamente scorrette e discutibili sul piano etico (che fuori dall’Italia subiscono interventi inibitori e accuse più puntuali) e addirittura incomprensibili se solo le si osserva, con lo sguardo laterale, per quel che sono: attività di un’azienda diventata grande, ma priva di sincera autostima, dato che con queste pratiche dimostra di non avere troppa fiducia sulle qualità intrinseche -se ci sono- dei suoi prodotti che, se fossero eccellenti, si venderebbero da soli. Ma il punto è che approfittare dei bambini resta comunque una pratica disdicevole, anche se tale “tecnica”, più  o meno raffinata, produce risultati economici che possono garantirti la stima dei tuoi dipendenti, felici di poter contare su un posto di lavoro sicuro. Un prezzo che evidentemente molti sono disposti a pagare. Li capisco, non sta a loro prendere decisioni. Ma scelte diverse si possono fare. Eccome. Magari rivolgendosi a persone diverse. Gentili dirigenti, vogliamo parlarne?

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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