Una sola Sky per l’Europa. Ma Rozzi, Vergani e Scotto di Carlo sono tranquilli…

Pino Rozzi
Pino Rozzi

Si fanno sempre più insistenti i rumors che parlano di una prossima “fusione” tra Sky Italia e Sky Deutschland che, secondo le voci, verrebbero incorporate nella britannica BSkyB. Si arriverebbe così alla creazione di un polo europeo delle piattaforma satellitare di Rupert Murdoch, una superpay che indubbiamente avrebbe un maggior potere contrattuale nella negoziazione dei diritti legati al calcio e al cinema. Ma, soprattutto, la nuova mega emittente televisiva potrà godere di sinergie e ottimizzare eventuali aree e attività che risulteranno “duplicate” nell’unione delle tre realtà originarie. È quello che succederà anche sul versante delle consulenze di comunicazione? Detto che Rupert Murdoch è buon amico di Martin Sorrell, ceo di Wpp, e le scelte delle società del magnate favoriscono spesso le agenzie del suo gruppo, non si può escludere che la nuova pay tv possa ipotizzare, tra le sue strategie, quella di creare un “hub” europeo della comunicazione, tagliando o allineando le sigle locali, sia per quanto riguarda la creatività che il media, magari attraverso il lancio di una gara continentale. Chiaramente sono solo supposizioni, ma spesso le fusioni societarie hanno portato a cambiamenti anche sul versante consulenziale. A dire il vero non la pensano così i principali partner italiani. A cominciare da coloro che gestiscono la creatività dell’emittente di Rupert Murdoch nel nostro Paese, ovvero Pino Rozzi, ceo e dce di Grey United e Luca Scotto di Carlo, creative partner di M&C Saatchi. Ma è sereno anche Luca Vergani, ceo di Mec che cura la pianificazione della pay tv nel nostro Paese. «Innanzitutto – specifica quest’ultimo – non è detto che vengano messi in discussione i partner, perché dipende dalla struttura che si vuole creare a livello strategico. C’è chi centralizza le attività e chi le delocalizza. E a volte addirittura si parte con una strada per poi arrivare a quella opposta. Comunque non sono poche le grandi realtà che mantengono consulenti diversi in ogni mercato, ad esempio lo fanno Procter & Gamble e Coca-Cola». Anche Pino Rozzi ci ha raccontato di non avere nessun sentore di un possibile cambiamento delle figure consulenziali: «Mi sembra che si parli nel caso di Sky – racconta il ceo di Grey United – di ottimizzazione solo a livello finanziario o tutt’al più di centralizzazione sulla produzione , acquisto e gestione di una parte dei contenuti. Per quanto riguarda invece la comunicazione, ritengo che la pay tv abbia un grande rispetto per i mercati locali, comprendendo che ogni realtà ha le sue logiche differenti». Dello stesso parere è Luca Scotto di Carlo, uno dei soci dell’altra sigla che gestisce la creatività di Sky Italia, unica non Wpp: «Se anche la nuova mega pay tv istituisse un unico hub centralizzato – ipotizza il partner di M&C Saatchi – potrebbe questo sviluppare la comunicazione locale? È ovvio che no. Noi ad esempio elaboriamo tutte le azioni digital e la comunicazione dedicata al parco clienti, soprattutto a livello di engagement social e web. Del resto abbiamo appena firmato il nuovo contratto annuale che scadrà nell’estate 2015». 

Vanna Assumma

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