Bertelli: «Da anni vinco con Heineken, l’obiettivo per me oggi è portare sullo stesso livello gli altri clienti dell’agenzia»

È il pluridecorato della Croisette, potremmo definirlo il pubblicitario italiano del 2000, Bruno Bertelli, perché sono anni che fa incetta di premi a Cannes. In realtà, quest’anno come l’anno scorso ha vinto con campagne integrate, vorrà dire che noi italiani siamo diventati bravi in questo?

«Sicuramente sì – osserva il direttore creativo esecutivo di Publicis Italia nonché global creative director sul cliente Heineken – ma è quello che succede in tutto il mondo, alla fine le campagne più premiate sono sempre le stesse.

Ormai il sistema di Cannes è questo, moltiplicare le categorie è un modo per il Festival di fare soldi, però tutti questi premi ci fanno gioco, cioè aumentano la visibilità, fanno sì che il progetto si possa iscrivere, con alcune variazioni, a più categorie e questo non si poteva fare in passato sui film e sulla stampa.

Gli italiani sono migliorati molto nelle categorie meno tradizionali, soprattutto Promo&Activation, Direct, Pr, Media, mentre rimangono più deboli su quelle tradizionali come stampa e outdoor.

Riguardo al mio lavoro, ovviamente sono contentissimo per i riconoscimenti ricevuti, però ho vinto sempre sul cliente Heineken, anche quando ero in JWT, e siccome adesso mi stanno ovviamente a cuore tutti i clienti di Publicis, l’obiettivo è portare sullo stesso livello anche gli altri spender dell’agenzia.

Una cosa però la devo dire: noi italiani siamo sui livelli degli altri Paesi un tempo fanalino di coda. Certo ci possiamo paragonare all’Argentina, non certo al Brasile che ha avuto un forte exploit e che indubbiamente è superiore.

Comunque l’importante è che i nostri lavori abbiano visibilità, anche se non vincono premi vengono ugualmente visti da altri, spesso ricevono complimenti e questo è necessario per la nostra industry».

Vanna Assumma

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