Uova e colombe

Domenica prossima sarà il giorno di Pasqua. Quindi, per non guastare il clima festoso con ponderose elucubrazioni, vi propongo una domanda leggera: secondo voi è nato prima l’uovo o la colomba? Avrete già capito che mi riferisco ai prodotti classici di pasticceria che tradizionalmente si regalano per Pasqua.

La domanda, diversamente dall’altra che associa l’uovo alla gallina, una risposta sicura ce l’ha. L’uovo di cioccolato è nato mezzo secolo prima della colomba confezionata con farina, burro, uova, zucchero e ricoperta con glassa alle mandorle, inventata da Dino Villani nel 1944 quando era direttore pubblicità alla Motta. Una paternità che dovrebbe riempire di orgoglio tutti i pubblicitari di vecchia scuola come il sottoscritto.

Purtroppo ignota è invece l’identità del pasticcere che, alla fi ne dell’ottocento, ha inventato l’uovo di cioccolato. Qualcuno ipotizza trattarsi di un francese, ispirato da un suo connazionale che non faceva il pasticcere ma l’orafo. Si chiamava Peter Carl Fabergé e nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro III Romanov l’incarico di preparare un uovo speciale da regalare per Pasqua alla zarina Maria. L’orafo realizzò un uovo di platino smaltato, contenente un altro uovo in oro, il quale a sua volta conteneva una riproduzione della corona imperiale ed un pulcino in oro massiccio.

Un discreto presente, non c’è dubbio, ma tracce di cioccolato nessuna. Non c’era il cioccolato, ma l’idea vincente di mettere una sorpresa dentro l’uovo c’era eccome. A proposito: lo sapete che solo noi italiani godiamo del privilegio di comprare e regalare le “uova con la sorpresa”?

In nessun altra parte del mondo esiste questa usanza. Negli Stati Uniti sono addirittura proibite dalla legge. Ora, pensando alla gioiosa trepidazione con la quale ogni volta ci apprestiamo a mandare in frantumi il guscio di cioccolato per scoprire la fantastica sorpresa, provo una certa pena per chi, rotto l’uovo, troverà solo e sempre altre uova, ma più piccole.

E’ vero che, a dispetto delle mirabolanti promesse della pubblicità, le nostre attese sono destinate ad andare deluse. Ma sappiamo che la delusione è un sentimento labile: svanisce in fretta, per darci modo di ricominciare subito a smaniare nell’attesa di scoprire nuove sorprese.

Deludenti quanto si vuole ma, per nostra fortuna, mai drammatiche come quella che ebbero i dirigenti della Cadbury, la seconda azienda dolciaria del mondo con sede in un sobborgo londinese. Un bel giorno a quei signori balenò l’idea di produrre degli ovetti di cioccolato al latte con un piccolo giocattolo al loro interno.

Prodotti adatti ai bambini, vendibili non solo a Pasqua, ma tutto l’anno. L’idea non era proprio originale visto che diversi anni prima una loro concorrente italiana aveva inventato un prodotto identico ottenendo grande successo.

Ma che importa: business is business! Il progetto fu messo in cantiere con l’obiettivo di lanciare il “nuovo” prodotto in primavera. La sorpresa arrivò, terribile, qualche giorno prima di iniziare le consegne nei negozi, quando si scoprì che milioni di ovetti stivati nei magazzini erano scoppiati.

Mi risulta che l’azienda italiana, dimostrando un notevole fair play, non abbia agito contro la concorrente britannica e si sia accontentata della vittoria morale. Per Pasqua, si sa, siamo tutti un poco più buoni. Auguri.

Bruno Zerbini

bruno@brunozerbini.com

Fondatore della Bruno Zerbini & Partners, è stato international creative director presso Pubbliregia house agency di Ferrero e vice presidente Unicom. 

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