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Immaginate di trovarvi a Budapest, nella sede magiara di unâ’€’™importante società multinazionale operante nel settore delle ricerche di mercato. Immaginate che in una stanzetta semibuia, di fronte ad uno specchio unidirezionale attraverso il quale si può vedere dallâ’€’™altra parte senza essere visti, ci siete in tre: voi, il direttore marketing di unâ’€’™azienda emiliana produttrice di salumi e formaggi e la gentile signora ungherese che vi accompagna dal momento che siete scesi dal taxi provenienti dallâ’€’™aeroporto.

Immaginate che al di là dello specchio ci sia una stanza ampia, illuminata a giorno, con un grande tavolo attorno al quale siedono dieci persone: sei donne e quattro uomini. Cinque donne e tre uomini compongono il â’€’œcampioneâ’€’ estrapolato dal panel â’€’œConsumatori ungheresi, maschi e femmine, under quarantacinque, appartenenti alla classe socio-economica medio-alta/alta, in possesso di un diploma di scuola superiore o laureatiâ’€’.

La sesta donna e il quarto uomo sono gli esperti incaricati di condurre il colloquio di gruppo e di redigere il rapporto finale. Immaginate che lâ’€’™obiettivo del focus sia: â’€’œRilevare lâ’€’™atteggiamento dei consumatori ungheresi nei confronti dellâ’€’™alimentazione in generale; la conoscenza dei prodotti alimentari tipici della cucina italiana e i loro giudizi sulla cosiddetta Dieta Mediterraneaâ’€’.

Immaginate anche di poter ascoltare tutta la discussione, tradotta in italiano, dalla voce che vi giunge attraverso le cuffi e sistemate sulle orecchie. E immaginate infine di dover leggere gli appunti che avete diligentemente scarabocchiato sul vostro blocco di carta durante le due ore trascorse bevendo caffé e masticando chewing-gum.

Ora, se dagli appunti venisse fuori che il piatto italiano più famoso è la â’€’œPizza con la Nutellaâ’€’: che sette partecipanti su otto conoscono il Parmigiano solo di nome, sanno che si tratta di un formaggio, ma quattro pensano sia francese, tre sono indecisi e uno non si è espresso; che solo uno dichiara di aver sentito parlare di Parma, ma pensa che sia una località sulla costa spagnola; che cinque su otto non sanno indicare la differenza tra lâ’€’™olio extra vergine di oliva e un olio di semi di girasole; che nessuno sa cosa sâ’€’™intende per â’€’œDieta Mediterraneaâ’€’ ma, una volta che gli è stato spiegato, sono tutti dâ’€’™accordo nel dire che deve trattarsi di una cosa nociva per la salute perché ingrassa senza nutrire.

Se dagli appunti venissero fuori tutte queste e altre simili amenità, cosa sareste portati a pensare? Che il traduttore, prima di mettersi al lavoro, ha abusato con il Tokaji? Che i magiari, alterati dalla continua ingestione di â’€’œgulyàsâ’€’ e di â’€’œpaprikasâ’€’, oltre al gusto hanno perduto anche gli altri quattro sensi?

Oppure, come si è chiesto il sottoscritto, che lâ’€’™esperienza descritta qui sopra lâ’€’™ha fatta personalmente, che occorre prendere atto che non basta mettere insieme due popoli nellâ’€’™unione economica europea, eliminare frontiere e passaporti e predisporli ad usare la stessa moneta per uniformare le loro culture e i loro gusti?

Ma, allora, comâ’€’™Ã¨ che i produttori della Nutella sono riusciti nellâ’€’™impresa? Che sia soprattutto un problema di comunicazione?

Bruno Zerbini

bruno@brunozerbini.com

Fondatore della Bruno Zerbini & Partners, è stato international creative director presso Pubbliregia, house agency di Ferrero, e vice presidente Unicom. 

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