Fischia il vento, infuria la bufera

E’ da sempre considerato un comportamento inopportuno e disdicevole sparare sulla Croce Rossa, ragion per cui eviterò di spendere troppe parole per il flop di Carosello. Un insuccesso prevedibile, visto che, quand’anche, nel deciderne la riedizione, si fosse valutato il tutto come semplice “operazione nostalgia”, e quindi con attese modeste sul piano economico, il grave errore di impostazione del format – non vincolato ad una rigorosa riedizione, pur aggiornata e corretta, di quello che fu l’unico esempio italiano di “réclame” televisiva autenticamente originale – ha determinato, dopo il picco di ascolti della prima puntata, un rapido declino.

Per quanto ho avuto modo di vedere, solo Ferrero, ha tentato di riproporre in qualche modo lo spirito di Carosello. Altri – quasi tutti – si sono limitati ad allungare il brodo degli spot in normale programmazione, con risultati che potremmo qualificare in qualche caso gravemente inadeguati, in altri patetici, in taluni, addirittura, penosi. Vedremo fra qualche tempo quali saranno gli esiti della bufera mediatica che si è scatenata intorno alla discutibile iniziativa.

Vorrei invece soffermarmi un istante su un’altra bufera: quella che viene rappresentata in uno spot che da qualche tempo sta imperversando, nella più completa indifferenza dei critici e, pavento, anche in quella dei consumatori.

Ecco qua! Vediamo una grande barca da pesca sballottata tra i flutti di un mare tempestoso. Gli uomini dell’equipaggio, infagottati in vistose cerate, tentano di salpare le reti, in condizioni di precario equilibrio, flagellati da scrosci di pioggia e raffiche impetuose di maestrale. 

Sulla tolda, invece, il comandante, un bellimbusto agghindato come Corto Maltese, imperturbabile e saldissimo sulle gambe, utilizzando un appuntito e, presumibilmente, affilato coltello a serramanico, attinge da un barattolo di tonno generosi bocconi e se li porta alla bocca compiaciuto, rischiando ogni volta di affettarsi la faccia…

Non so perché ma il tutto mi pone in una condizione di attesa, purtroppo puntualmente delusa, di vedere, a seguito di uno scossone, un’ondata, o qualche altro evento connesso alla tempesta circostante, l’improbabile personaggio procurarsi serie lesioni o comunque ferite di una certa gravità.

Una volta si diceva che la comunicazione pubblicitaria doveva andare diritto allo scopo di vendere il prodotto, di promuovere la marca, di posizionare o riposizionare un brand, di fidelizzare il consumatore, eccetera. Ma, al tempo stesso, una legge non scritta imponeva anche, in via subordinata beninteso, di cercare di veicolare messaggi positivi, che fossero anche socialmente apprezzabili: in altre parole, si sottintendeva, un ruolo pedagogico della pubblicità.

Non voglio fare di ogni erba un fascio, né il moralista d’accatto, ma da quanto viene proposto dai comunicatori che oggi la fanno da padroni, questo ruolo della pubblicità pare essere stato accantonato in via definitiva, insieme all’ironia, al buon gusto e, troppo spesso, ahimè, all’intelligenza.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it
 

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