Bartali

Quelli della mia generazione ricordano Bartali. Non l’abbiamo potuto ammirare mentre faticava sulle impervie e polverose strade dei primi anni cinquanta, dove la massa di tifosi in delirio nascondeva alle cineprese dei cronisti i cumuli di macerie dell’immane conflitto da poco concluso.

Ma ci siamo comunque innamorati di Bartali – Gino o Ginettaccio per gli amici – grazie a quella sorta di “chanson de geste” che “La Gazzetta” o la neonata televisione proponevano ogni qual volta si rinnovava, con personaggi di minore statura, il rito festoso del “Giro”.

Si ricordavano le epiche sfide tra il “nostro” e l’altro mito, Fausto Coppi – a proposito: chi passò a chi la famosa borraccia? – e soprattutto la vittoria al Tour del ‘48 che evitò lo scontro di piazza tra opposte fazioni politiche che si sarebbe potuto risolvere in un bagno di sangue e che favorì invece un abbraccio festoso tra concittadini felici di ritrovarsi accomunati da un sussulto di orgoglio nazionale e da un sentimento di “rivincita morale” sugli amati-odiati cugini d’oltralpe.

Il Bartali che conoscemmo grazie alle tremolanti ed un po’ sfocate immagini in bianco e nero della TV era quello, un po’ attempato ma lucidissimo, che seguiva il Giro a bordo di un’ammiraglia e che a Zavoli ed agli altri cronisti, alla fine della tappa, all’immancabile richiesta di un commento sull’evento appena concluso, se ne usciva con quell’espressione divenuta proverbiale: “L’’è tutto sbagliato.

L’è tutto da rifare”. E’ il commento che mi è venuto spontaneo dopo aver assistito – ma lo giuro, non accadrà più! – ad uno degli innumerevoli “programmi di approfondimento” che, in vista delle prossime elezioni, le tv italiche ammanniscono a piene mani.

Teatrini infarciti di facce note e meno note, di protagonisti “storici” dell’agone politico e di aspiranti “salvatori della patria in ambasce”, tutti quanti impegnati a dire, con toni ed atteggiamenti diversi, le medesime cose: bisogna risanare i conti dello stato, la legge elettorale fa schifo, il conflitto di interessi deve essere definitivamente risolto, la vera emergenza è il lavoro, la lotta all’evasione fiscale è la priorità assoluta, bisogna promuovere la crescita e rilanciare l’economia, è necessario bandire l’immoralità dalla vita pubblica, il processo decisionale è farraginoso, la pressione fiscale è troppo elevata, il numero dei parlamentari va ridotto, il costo della macchina amministrativa è eccessivo… il tutto corredato da una qualità di comunicazione spesso imbarazzante.

Ma quando potremo beneficiare di uno straccio di idea, di un progetto circostanziato, di un obiettivo concreto supportato dall’indicazione di un percorso e di una strategia precisa da seguire ed illustrato con la chiarezza necessaria ad una diffusa comprensione da parte dei cittadini a prescindere dal livello culturale di ciascuno?

Sono consapevole che per molti sia forte la tentazione di chiamarsi fuori e commentare il tutto con l’espressione “bartaliana” o addirittura con l’invito a recarsi con urgenza a “quel paese”. Ma c’è un altro Paese alle cui sorti non possiamo essere indifferenti: il nostro. Ragion per cui: turiamoci il naso e tentiamo, ove possibile, di mandare in parlamento persone perbene e competenti.

Dopotutto, nella vasta platea dei canditati proposti dalle diverse parti politiche, ce ne sarà pure qualcuna.

Lorenzo Strona

strona@lsep.it 

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